Cina
Cina, panico in Borsa, Pechino impone divieti e minaccia sanzioni
Stop 6 mesi vendite chi ha quote dal 5% in su. Shanghai quasi -6%
Roma, 8 lug. (askanews) - Scattano pesanti restrizioni in Cina sulle transazioni di Borsa, mentre un nuovo diluvio di vendite ha investito i listini. E queste contromisure, sempre più invasive, non sembrano riuscire a fermare il tracollo. Anzi, secondo alcuni osservatori potrebbero aver avuto addirittura sortito l'effetto opposto a quello sperato, esacerbando il panico che ormai secondo le stesse autorità si è impadronito di molti investitori. Rispetto al picco toccato lo scorso 12 giugno, ormai l'indice generale della piazza di Shanghai ha perso oltre il 32 per cento (in meno di quattro settimane). L'autorità di Borsa ha reagito vietando ai grandi azionisti la vendita di titoli per almeno sei mesi.
Non potranno vendere azioni di una società gli investitori che ne detengano quote dal 5 per cento in su. Un provvedimento molto intrusivo, se non autoritario, che tuttavia potrebbe riflettere il senso di crescente allarme che muove Pechino. Il divieto riguarda anche manager e componenti dei consigli di amministrazione e si è accompagnato dalla minaccia di punizioni "esemplari" a carico dei trasgressori.
Parallelamente il ministero delle Finanze della Cina ha ordinato a tutti gli enti pubblici e le istituzioni finanziarie controllate dallo Stato di astenersi dall'effettuare qualunque vendita di azioni di società partecipate.
E si è mossa anche la Banca centrale, annunciando che approvvigionerà di liquidità la China Securities Finance Corporation, un veicolo interamente controllato dallo Stato che sta conducendo operazioni di acquisto di titoli, letteralmente in senso contrario al mercato. Lo stesso veicolo ha fatto confluire 260 miliardi di yuan extra, quasi 38 miliardi di euro alle società di brokerage. Gli interventi finora concentrati sulle grandi società ora verranno estesi alche a quelle di media capitalizzaizone.
Ma le Borse continuano a cadere. Shanghai ha lasciato sul terreno un agghiacciante 5,91 per cento, la più piccola Shenzhen ha chiuso al meno 3,32 per cento. Pesantissimo anche lo scivolone di Hong Kong, meno 5,84 per cento per l'ex protettorato britannico.
Sono scattate centinaia di sospensioni dagli scambi per eccessi di ribasso. E intanto l'effetto contagio sta mostrando una nuova e insidiosa diramazione, con segnali di diffusione anche al mercato dei titoli di Stato che finora invece era stato utilizzato come una sorta di porto sicuro dagli investitori.
I rendimenti sui titoli di Stato cinesi a 12 mesi di scadenza, che si muovo in una direzione specularmente opposta al prezzo, sono schizzati al rialzo di 30 punti base al 2,32 per cento.
Secondo alcuni osservatori a riflesso di vendite da parte di molti fondi e broker che vogliono ridurre la loro esposizione nell'ipotesi di un vero e proprio "cash crunch" sul mercato.
Ovvero di una deriva delle vendite tale da rendere praticamente impossibile in futuro sbarazzarsi di titoli se non accettando prezzi che implicherebbero pesantissime perdite.
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