Iran
Sprint finale per accordo su nucleare Iran: Teheran ci crede
Anche i potentissimi Pasdaran avrebbero dato il loro assenso
Teheran, 23 giu. (askanews) - Manca una settimana alla deadline ufficiale per un accordo globale sul programma nucleare iraniano. Anche se potrebbe esserci un rinvio di qualche girono, ufficialmente entro il 30 giugno il cosiddetto Gruppo dei 5+1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania) con l'aggiunta dell'Unione Europea e Teheran, devono perfezionare l'intesa preliminare raggiunta il 2 aprile scorso a Losanna. I nodi da risolvere riguardano questioni centrali: in particolare, la diplomazia occidentale, in questi ultimi giorni, ha posto come "irrinunciabili" le ispezioni ai siti militari iraniani, esigendo più accesso a garanzia di un uso esclusivamente civile dell'uranio arricchito. L'Iran, da parte sua, insiste su una contestuale revoca delle sanzioni nel momento della firma dell'accordo. Divergenze apparentamente inconciliabili, ma che potrebbero essere superate da un compromesso che permetta al presidente iraniano Hassan Rohani di liberare il suo Paese dalle sanzioni ed al presidente Usa Barack Obama di portare a casa un'intesa davvero storica. Un compromesso per cui a Teheran tutto sembra pronto, compreso il tacito accordo dei potentissimi Pasdaran.
A dispetto delle prese di posizione pubbliche, l'Iran in pratica non ha alternative all'accordo se vuole uscire da oltre 30 anni di isolamento, arrivando alla fine delle sanzioni. Di questo sono consapevoli sia i moderati guidati da Rohani che i suoi avversari ultraconservatori, anche se questi ultimi mettono l'accento su un accordo senza subire un'"umiliazione", come spesso viene sottolineato nelle loro pubbliche prese di posizione.
E' noto che l'unico vero ostacolo alla firma dell'accordo finale sono i Pasdaran, il corpo d'elite delle forze armate, che in un Iran non più in permanente stato di mobilitazione vedrebbero drasticamente ridimensionati gli stanziamenti statali per l'oggi imponente macchina bellica. Stando ad informazioni raccolte da askanews da ambienti diplomatici di Teheran, a superare questo serio ostacolo ci avrebbe pensato l'ayatollah Khamenei. La guida suprema avrebbe infatti convinto i vertici militari ad "accettare" l'intesa "garantendo ai Guardiani della Rivoluzione, in caso di firma dell'accordo, la gestione della rete ferroviaria e di una parte dell'industria petrolifera" nelle future leggi finanziarie dello Stato.
All'opera di convincimento di Khamenei bisogna aggiungere anche l'apporto fondamentale di Rohani, chiamato a "tranquillizzare" gli ultraconservatori circa le sue riforme in campo sociale e politico: ogni cambiamento sarà apportato nel rispetto della Shariya islamica. Senza stravolgimenti.
La missione di Rohani - che ha mantenuto sostanzialmente le promesse di una certa ripresa del Paese, già in corso - parte da un evidente assunto: in fin dei conti, l'iraniano medio che non sta male interessa la ricaduta economica di un accordo con l'Occidente. A chi visita oggi Teheran balza all'occhio che la la capitale è un vero e proprio cantiere: centinaia e centinaia di opere in corso per la costruzione di edifici, strade, tangenziali, rete fognarie centralizzata. Uno sforzo evidente per un Paese comunque alle prese con un pesante embargo internazionale.
A crederci sembrano anche gli investitori occidentali, come cinesi e coreani, ma anche tedeschi e americani. Gli investimenti dall'estero stanno arrivando anche prima dell'effettivo sollevamento delle sanzioni. Secondo le fonti di askanews, per sempio, l'azienda Usa Boeing "ha già fatto costruire un cappanone perfettamente pronto ad entrare in funzione" per fornire assistenza tecnica e pezzi di ricambio all'absoleta flotta della Iran Air.
Per governo del centrista Rohani attrarre investimenti stranieri è una dichiarata priorità, inscindibile dalla necessità di abbassare il tasso di disoccupazione giovanile, attorno al 25%. Dopo il pre-accordo dello scorso aprile, la borsa di Teheran ha segnato una lunga serie di sedute positive e, con gran discrezione, secondo il Financial Times, sono arrivate delegazioni straniere di tutto peso, con portafogli miliardari da mettere sul piatto una volta chiusa l'intesa.
Il parlamento di Teheran, tuttavia, ha adottato ieri a grande maggioranza una legge che obbliga il governo a salvaguardare i "diritti e le conquiste nucleari". Una legge che potenzialmente potrebbe fare saltare all'ultimo momento l'accordo. Ma è anche vero che la norma non fa altro che ratificare la posizione già espressa a metà maggio dalla guida suprema Khamenei che ha escluso - oltre alla possibilità per gli ispettori stranieri di entrare nelle basi militari - anche quella di interrogare scienziati iraniani. La legge, vuole essere in realtà una risposta alla legge Usa che concede al Congresso un periodo di 30 giorni per esaminare le condizioni dell'accordo definitivo con Teheran. Ma quella iraniana funziona in senso opposto: il Parlamento cede l'ultima parola alla guida suprema.
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