CHIASSO
Ercolano e Pompei raccontate con gli occhi della storia
Da quando, nel 1738, incominciarono gli scavi archeologici a Ercolano e fu pubblicata la prima mappa del sito, e dieci anni dopo partì l’esplorazione di Pompei per volontà di Carlo III di Borbone, sui due paesi sepolti dall’eruzione vesuviana del 79 dopo Cristo si scatenò l’interesse di studiosi, viaggiatori e uomini di cultura di mezza Europa. Queste «Visioni di una scoperta», come recita il titolo della mostra al Max Museo di Chiasso dedicata a Ercolano e Pompei, rappresentano ciò che visitatori illustri e mecenati ci hanno lasciato nel corso dei secoli: lettere, taccuini d’appunti, incisioni, litografie, disegni, rilievi, fotografie e cartoline, oltre naturalmente ai molti reperti archeologici.
Promossa in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove sarà allestita dal 29 giugno prossimo, la mostra, con catalogo bilingue edito da Skira, è curata da Pietro Giovanni Guzzo, già soprintendente di Napoli e Pompei, Maria Rosanna Esposito, responsabile della biblioteca del Mann, e Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del Max Museo, e riassume l’interesse destato dai due siti tra il Settecento e il Novecento attraverso l’esposizione di reperti addirittura inediti, come l’anello di re Carlo di Borbone, il bracciale serpentiforme d’oro della «Casa del Fauno» di Pompei, oltre a oggetti d’uso quotidiano.
Il percorso espositivo parte dalle prime descrizioni settecentesche, attraverso le lettere, di studiosi e appassionati: dal celebre Johann Joachim Winckelmann al conte di Caylus, collezionista e archeologo, fino a Goethe e Stendhal che percorrono le strade del Grand Tour. Ecco la divulgazione, per merito di un sovrano illuminato come Carlo di Borbone, delle prime incisioni con soggetto «Le Antichità di Ercolano esposte», con le matrici in rame rimaste inedite, quindi le meravigliose acqueforti di Giovanni Battista Piranesi e del figlio Francesco dai toni chiaroscurali. Non mancano il prezioso taccuino con schizzi acquerellati del nobile inglese Willam Gell, esposto per la prima volta, il cui contenuto sarebbe confluito poi nella pubblicazione della «Pompeiana», o le formidabili planimetrie della villa di Giulia Felice a Pompei, della villa dei Papiri e del teatro di Ercolano eseguite dall’ingegnere svizzero Karl Jacob Weber.
Tra le pubblicazioni a stampa che meglio illustrarono l’evolversi delle campagne di scavo, da ricordare «Antichità di Pompei», del 1831, di Luigi Rossini, e le litografie e gouaches con scene quotidiane di scavi di Luigi Capaldo, Giacinto Gigante o Jacob Philipp Hackert.
Nel periodo che va dal 1831 al 1844 i Borboni affidano la direzione degli scavi al ticinese Pietro Bianchi, che scopre la «Casa del Fauno» a Pompei, tutto documentato da piante e disegni acquerellati, mentre il tema della ricostruzione delle case pompeiane, tra realtà e immaginazione, è il soggetto del celebre «Un interno pompeiano», di Luigi Bazzani, esempio d’arte dell’Ottocento romantico. La mostra si conclude con gli scatti realizzati da Giacomo Brogi, Giorgio Sommer, Robert Riva e dai fratelli Alinari e con le prime cartoline in cromolitografia realizzate alla fine del XIX secolo.
«Ercolano e Pompei, visioni di una scoperta» - Chiasso (Svizzera), Max Museo, via Dante Alighieri 6, fino al 6 maggio da martedì a domenica ore 10-12 e 14-18, biglietti 10 euro, info 004191.6950888.
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