IN TRIBUNALE
Delitto Ravasio, Ariane nega
La 31enne è stata sottoposta a fermo sabato mattina e portata in carcere al Bassone di Como. Oggi l’interrogatorio a Busto Arsizio

Ha risposto alle domande del giudice negando ogni responsabilità Ariane Pereira Bezerra Da Silva, la trentunenne sottoposta a fermo sabato per concorso nell’omicidio di Fabio Ravasio. Questa mattina, martedì 29 luglio, – difesa dall’avvocato Edoardo Lorenzo Rossi – è comparsa davanti al giudice per le indagini preliminari Stefano Colombo. La svolta nella ricostruzione del delitto è arrivata in seguito a due snodi determinanti: gli elementi emersi nel corso del processo in corte d’assise, davanti alla quale sono imputati tra gli altri la madre Adilma Pereira Carneiro, il fidanzato Fabio Lavezzo. E poi l’analisi delle copie forensi dei cellulari posti sotto sequestro.
CAMPO ROM
Un duro colpo l’ha assestato all’udienza del 7 luglio, Massimo Ferretti, amante di Adilma e ritenuto l’ideatore insieme alla donna del piano di morte. Spiegando le difficoltà di reperire un assassino a buon mercato, disse che Ariane lanciò un’idea: «Bisogna cercare dagli zingari di Magenta». La trentunenne, seduta in fondo all’aula, è schizzata in piedi dandogli dell’«infame di merda» e del «bugiardo», reazione un po’ veemente che certo non ha deposto a suo favore. Oltre a Ferretti, altri tre imputati e almeno un testimone hanno dichiarato che la ragazza fosse pienamente a conoscenza del progetto della madre di uccidere Ravasio.
BARISTA LASSISTA
Ci sono poi i messaggi scambiati con il fidanzato Lavezzo a dare maggior consistenza ai sospetti che il pubblico ministero Ciro Caramore e i carabinieri di Legnano nutrivano fin dall’inizio dell’indagine. In uno Ariane esprime delusione davanti all’immobilismo di Ferretti, il barista che da un anno frequentava Adilma. «Non sta facendo nulla, vuol farsi vedere che sta facendo qualcosa ma in realtà non sta facendo un cazzo. mia madre ce l’ha anche con lui e se fa così è perché deve». Per Lavezzo, che il 14 luglio in aula ha smentito le sue stesse affermazioni, rilasciate un anno fa («ne avevamo parlato, Ariane disse che sua madre stava facendo una cazzata»), il pubblico ministero ha chiesto il ripristino della misura cautelare in carcere. La corte d’assise non si è ancora pronunciata.
TROPPA NEGATIVITÀ
Indicativo, a parere degli inquirenti, un messaggio vocale inviato da Adilma alla figlia il 7 agosto, due giorni prima del falso incidente inscenato per ammazzare Ravasio. «Non c’è uno che pensa bene, nessuno passa quello che passo io, tutti quanti vogliono stare bene però tutti quanti negativi. Invece do stare tutti positivi, che andrà bene, invece che unire e fare le cose bene, no, è tutto un dubbio, questo, quello, sono stufa». L’argomento, secondo gli investigatori, è inequivocabile, l’investimento di Fabio durante il tragitto in bicicletta da Magenta a Parabiago con la Opel Corsa ferma da due anni. E seguendo questa linea, dietro alle parole della donna c’è troppo sottinteso, Ariane quindi sapeva bene a cosa si riferisse la madre. Il 9 agosto, poco prima delle 21, Adilma scrive in portoghese: «Faz logo», fai alla svelta. Ariane risponde: «Ja fiz», già fatto. «Tirou tudo?», «sim», cioè «hai tolto tutto?», «sì». La procura non ha dubbi: il riferimento era all’occultamento (alla bell’è meglio) della Opel.
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