Eritrea
Asmara, la Piccola Roma eritrea
Raccontata da storica Giulia Barrera e da urbanista Gabriel Tzeggai
Roma, 8 lug. (askanews) - Asmara è una città italiana e una città eritrea perché la struttura architettonica e urbanistica è italiana, ma oggi questo patrimonio appartiene al popolo eritreo, che ha avuto "una saggezza, una maturità nell'elaborare il ricordo coloniale, nel distinguere il colonialismo italiano dalle singole persone" da conservare la propria città fino a candidarla a Patrimonio dell'umanità Unesco. E' quanto hanno detto ad askanews la storica italiana Giulia Barrera e l'urbanista eritreo Gabriel Tzeggai, curatori del testo "Asmara. Architettura e pianificazione urbana nei fondi dell'Istituto italiano per l'Africa e l'Oriente".
"Asmara è una città che cresce con il colonialismo italiano - ha ricordato Barrera - cresce numericamente, come popolazione, perché nel 1889 gli italiani si stabiliscono sull'altipiano (2.347 metri), dove c'è un clima molto temperato e non ci sono problemi di malaria, e cresce dal punto di vista urbanistico e architettonico. Prima del colonialismo italiano Asmara era un conglomerato di tre villaggi, dopo l'insediamento degli italiani assume precocemente caratteristiche coloniali, compresa la segregazione degli spazi urbani. I primi piani regolatori, già in epoca giolittiana, prevedevano infatti quartieri differenti per gli italiani, per la popolazione locale e una zona mista per arabi e indiani e famiglie miste. La segregazione degli spazi urbani diventa molto più pronunciata durante il fascismo".
Se, infatti, per gli italiani vennero costruiti quartieri residenziali dotati di tutti i servizi e luoghi di svago, la popolazione locale venne costretta nelle cosiddette "zone indigene, poverissime, dove non c'erano servizi igienici", e la differenza tra queste aree "è ancora visibile oggi", ha rimarcato Tzeggai.
Ma proprio sotto il fascismo, il governo di Roma comincia a investire molto in Eritrea, considerata come base di lancio per l'invasione in Etiopia, e ad Asmara cominciano ad arrivare tanti italiani, soprattutto militari. Se negli anni '20 la città contava non più di 18.000 abitanti, di cui 3.000 italiani, alla fine del 1936 gli abitanti erano diventati 98.000, di cui 53.000 italiani. Ed è in questo periodo che "gli italiani riproducono la struttura urbana della città di provincia italiana, con il corso, i caffè, i luoghi di culto, il mercato, i cinema", ma a differenza di quanto succeda ad Addis Abeba "dove architetti e ingegneri sentono maggiore il peso di necessità politiche imperiali, che porta a una monumentalità più tronfia, come nel quartiere Eur di Roma, ad Asmara hanno maggiore libertà di azione, soprattutto per quanto riguardava l'innovazione modernista".
Asmara testimonia così una "fantasia architettonica più libera, che in Italia magari ritroviamo a Sabaudia, esemplificata nella zona dei villini e dalla pompa di benzina Fiat Tagliero", costruzione futurista a forma di aeroplano diventata il simbolo della città perché "qualcosa di unico".
"La piccola Roma" voluta da Mussolini è arrivata intatta ai giorni nostri, sebbene il Paese abbia vissuto lungo anni di guerra. "Durante gli anni della guerra di indipendenza (1961-191) arrivare ad Asmara significava arrivare alla fine della lotta e non ci aspettavamo di arrivarci senza che la città venisse distrutta - ha ricordato Tzeggai, che ha trascorso 13 anni al fronte - poco prima dell'indipendenza avevamo assistito alla distruzione di Massaua, ci aspettavamo la stessa cosa per Asmara. Invece la città è rimasta intatta, a parte i danni dovuti alla mancata manutenzione".
Una volta ottenuta l'indipendenza da Addis Abeba, "le priorità erano tante, bisognava ricostruire strade e centri urbani distrutti, ma ad Asmara c'erano da sistemare soprattutto i servizi". La storica Barrera sottolinea come "già all'indomani dell'indipendenza nacque l'idea di conservare la città, non in maniera strutturata, ma per la nostalgia che gli eritrei avevano provato durante gli anni della guerra di indipendenza. Per cui nasce una prima idea sulla necessità, prima di fare interventi nella città, di meditare e capire, iniziando così a formulare una politica di tutela del patrimonio, e a farsi consigliare e aiutare".
Il governo eritreo arriva così alla decisione di vietare costruzioni nelle aree centrali di Asmara e nel 2001 firma un accordo con la Banca mondiale che dà il via al Cultural Assets Rehabilitation Project (Carp), che punta a ottenere riduzione della povertà e crescita economica attraverso la conservazione e il recupero dei beni culturali. Proprio nell'ambito di questo progetto nel 2004 l'Eritrea presentò all'Unesco la proposta di includere il perimetro storico di Asmara (circa 4.300 edifici all'interno di un'area di 480 ettari) nella lista preliminare dell'Unesco. Per arrivare quindi al 2016, quando viene presentata la domanda per far parte della Lista del Patrimonio mondiale, fino all'iscrizione nei siti Unesco adottata oggi.
"La città merita il riconoscimento Unesco", ha detto Barrera, perché "come città africana è sorprendente e come concentrazione di edifici modernisti è uno degli esempi migliori al mondo", ma è anche una "città in cui si percepisce anche quanto l'urbanistica conti nella qualità della vita". Su questo punto Tzeggai ci tiene a sottolineare che "Asmara non è bella solo per l'architettura ma dal punto di vista urbanistico, perché è una città a misura d'uomo, una città fatta per camminare, per passeggiare, dove la vita è nelle strade ... c'è vitalità per le strade, perché c'è il bar dove si può prendere il caffè, il sarto che ti aggiusta gli abiti, il barbiere, il negozio dove riparare la bicicletta... si parla spesso della parte tangibile della città, del mix di architetture, ma bisogna anche rimarcare che i bei monumenti non bastano a rendere bella una città" ed "Asmara è bella perché visitandola si vive una bella esperienza, grazie all'accoglienza, all'ospitalità della popolazione".
Anche per l'urbanista eritreo, che da anni vive in Italia, la sua città merita l'iscrizione Unesco, perché "si può imparare tanto dal punto di vista urbanistico", ma teme anche che porti a una gentrificazione: "Asmara è un mix di edifici anche dal punto di vista economico, perché c'è la villa che costa un occhio della testa e vicino ci sono anche alloggi più semplici che un commesso di negozio può permettersi. Con il riconoscimento Unesco il valore economico cambia e c'è il rischio di una gentrificazione. Se non saranno adottate politiche per arginare questo rischio, l'iscrizione Unesco potrebbe non portare benefici alla popolazione".
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