LA SENTENZA
Assolto il saluto romano
Non è reato se fatto durante commemorazioni. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Milano
Fare il saluto romano è un reato? La corte d’appello di Milano, riformando la sentenza di condanna inflitta in primo grado, ha detto no.
Assolti i diciassette imputati finiti a processo per aver commemorato Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi (uccisi negli anni Settanta) e di Carlo Borsani (assassinato il 25 aprile del 1945), un gruppo di militanti di destra della zona tra i venti e i quarant’anni e difesi dagli avvocati Livio Grandis, Luca Procaccini, Alessandra Villa, Giuseppe Castellano, il parlamentare penalista Ignazio La Russa, Maria Antonietta Marino, Fabrizio Giuseppe, Mario Giancaspro e Antonio Radaelli.
Una grossa parte di loro - tra cui il noto cantautore e scrittore Federico Skoll Goglio - era già stata indagata e poi prosciolta dal gup Donatella Banci Buonamici (oggi presidente della sezione penale del tribunale di Verbania) «perché il fatto non sussiste».
Gli episodi contestati al gruppo accaddero a Milano, tra piazzale Susa e viale Lombardia, ad aprile del 2013. aveva dichiarato il non luogo a procedere, perché «il fatto non sussiste». E ora il collegio di secondo grado lo ribadisce: la manifestazione fascista è da considerarsi reato «se trova nel momento e nell’ambiente in cui è compiuta le circostanze tali da renderla idonea a provocare adesioni e consensi e a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste».
Il saluto romano, l’esposizione di bandiere e croci celtiche, la “chiamata del presente” o le canzoni della Compagnia dell’anello da soli non possono attentare all’ordine democratico. Non almeno durante il ricordo di defunti, perché si tratta di una rievocazione condivisa tra militanti che si riuniscono per condividere il loro comune sentire.
Diverso sarebbe il caso in cui il cerimoniale, il simbolismo, le gestualità di estrema destra fossero esibiti nel corso di un corteo, tra slogan e conti inneggianti al regime, magari conditi da condotte aggressive o violente: «Tali circostanze evidenzierebbero una concreta idoneità a suscitare proselitismi e adesione a un’azione politica» mirata alla restaurazione della dittatura, sottolinea il consigliere estensore della motivazioni Andrea Francesco Pirola, condividendo l’orientamento del giudice Banci avallato pure dalla cassazione.
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