IL CASO
Busto: carcere, proteste sul tetto
I detenuti sono a quota 400. Ogni giorno risse e disordini. In tre in celle da due

Ha toccato quota 400 il numero dei detenuti in via per Cassano. Le sezioni scoppiano, gli ospiti si esasperano e la polizia penitenziaria è allo stremo.
Il livello di intolleranza è così elevato che mercoledì 18 agosto due maghrebini si sono arrampicati fino al tetto dell’area passeggi in segno di protesta, gli agenti sono rimasti impegnati tutto il giorno per convincerli a scendere, per tutelarne l’incolumità e per evitare emulazioni e quindi gravi disordini. Del resto il carisma di capi popolo ce l’hanno entrambi visto che uno è stato protagonista della rivolta a Varese e l’altro di quella a San Vittore.
Ma è una lotta quotidiana anche tra carcerati: ogni pretesto è buono per scatenare un pestaggio, una rissa, atti di autolesionismo.
La quarta sezione
La quarta sezione è l’emblema del disagio che serpeggia nel penitenziario: è occupata da settantasei uomini divisi in venticinque celle concepite per due persone. Ma se la matematica non è un’opinione, devono stringersi in tre, in condizioni strutturali, climatiche e igieniche precarie.
La muffa prolifera ovunque, dai tetti piovono perdite, l’acqua è fredda. Nei giorni scorsi il cappellano don David ha distribuito 400 docciaschiuma e per la popolazione carceraria è stata davvero una manna. Organizza proiezioni cinematografiche (pare che Fast and Furious 9 abbia esaltato tutta la sezione che per prima siederà in sala, ispirando una raccolta firme di un’altra sezione che non vuole perdersi il nuovo episodio della saga).
Ma è chiaro che ci vorrebbe un intervento drastico a più livelli. «Nonostante i carichi di lavoro e lo stress correlato, il personale è estremamente ridotto all’osso ed è stanco al punto da richiedere supporti psicologici», denunciano i delegati locali del sindacato Uilpa della polizia penitenziaria Francesco Paolo D’Aries e Davide Armenia. «A Busto non arrivano agenti, non ci sono assegnazioni perché risulta ancora in pianta organica quel personale assente da anni, a disposizione dell’ospedale militare in attesa di quiescenza o quelle unità distaccate in altri istituti penitenziari», spiegano i rappresentanti sindacali a chi non ha idea delle criticità della casa circondariale.
Vicini al collasso
«Il sistema penitenziario è giunto al limite, al collasso, non si prendono provvedimenti a livello centrale e regionale nonostante l’impegno e lo spirito di corpo dei poliziotti penitenziari di qualsiasi ruolo». Una situazione che si trascina da tempo. Molti sono i disagi patiti nell’area sanitaria sempre a causa della carenza di personale: c’è un infermiere preposto alla somministrazione delle terapie e ciò significa che qualcuno deve attendere anche fino a notte inoltrata prima di ricevere il farmaco, con ovvie ripercussioni sull’ordine interno.
«L’istituto è diventato una discarica dei detenuti che creano problemi, tanto è vero che ospitiamo tanti fautori e responsabili di allarmanti proteste nelle carceri di tutta la Lombardia», spiegano dalla Uilpa della polpen locale. Qualcuno insomma dimentica un principio sancito dalla Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Tutelando la salute psichica di chi dietro le sbarre ci lavora.
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