LA SENTENZA
Molestie, condannato psicologo cieco
Tentò di abusare dell’accompagnatrice, due anni e quattro mesi e interdizione perpetua

Cieco. Ma con tutti gli altri sensi fin troppo desti. È stato condannato a due anni e quattro mesi lo psicologo accusato di abusi sessuali sulla sua ex accompagnatrice e tirocinante. L’esatta pena richiesta dal pubblico ministero Francesca Parola al termine della sua requisitoria.
Il gup Tiziana Landoni ha disposto inoltre l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la sospensione dall’esercizio della professione. La parte civile - rappresentata dall’avvocato Laura Satta - dovrà però affrontare un altro processo per ottenere un risarcimento per i danni patiti in conseguenza a quell’esperienza perché il giudice ha deciso la liquidazione in separato giudizio (civile). L’avvocato Giuseppe Milotta - difensore dell’imputato - ha cercato di convincere il gup che lo psicoterapeuta avesse agito senza dolo, non potendo vedere sul volto della donna un’espressione di rifiuto e di dissenso e non avendo lei reagito con urla e strepiti. «Ero pietrificata dallo shock», disse la vittima ai carabinieri e nessuno ha dubitato delle sue parole. L’imputato aveva quindi un doppio ruolo nei confronti della giovane: era il titolare dello studio clinico studio clinico in cui lei avrebbe dovuto svolgere uno stage di specializzazione, ed era l’ipovedente di cui lei di lei si prendeva cura svolgendo il servizio civile. La vicenda su cui aveva indagato il pubblico ministero Nadia Calcaterra risale al 4 novembre del 2016.
La ragazza aveva avuto una strana sensazione in sua presenza, aveva percepito qualcosa di vagamente lascivo. Tanto che un giorno, quando lo psicologo le chiese di recarsi con un’ora di anticipo in studio, d’istinto disse di non potere. Come avesse un presentimento insomma. Alla fine della giornata, terminati i colloqui con i pazienti, l’analista riuscì comunque a rimanere solo con la sua accompagnatrice. Con una scusa le si avvicinò e, prendendole le mani, le disse «che belle che sono».
Poi le toccò i fianchi apprezzando il suo fisico longilineo, «come sei bella magra» (frase che risulta dal verbale di denuncia), la strinse a sé con vigore e la scaraventò a terra, sui materassini che usava per le terapie. In un clima di grande imbarazzo e sconcerto, la vittima se ne andò dallo studio. Ma tornò l’indomani, munita di registratore. Sapeva che lo psicoterapeuta sarebbe tornato alla carica. E infatti iniziò subito a intimorirla, a ricattarla alludendo a quanto accaduto il giorno prima, e a ricattarla sulla base di pure invenzioni: «Se mi denunci racconto a tutti che fai la prostituta nel mio centro e che ti sei inventata questa storia per coprire le tue colpe». La donna si rivolse all’avvocato Satta e insieme si recarono dagli inquirenti. Il pm Calcaterra, nel corso degli accertamenti, ascoltò molte collaboratrici e colleghe dell’imputato ed emerse un precedente analogo, mai denunciato dalla vittima per pudore e vergogna. Anche lo psicoterapeuta venne interrogato in procura. «Ha inventato una storia strumentale perché temeva che la denunciassi io: avevo infatti scoperto che esercitasse abusivamente la professione». Ma la donna era una psicologa a tutti gli effetti e quella giustificazione è tornata in faccia al terapista ipovedente come un boomerang.
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