LA SANITÀ
Ospedale nel caos, medici in rivolta
Protesta di 17 operatori spostati dai reparti al Pronto soccorso: così il sistema implode
L’ospedale di Busto sta affogando, trafitto al cuore da una carenza crescente di personale ad ogni livello (soprattutto di specialisti di pronto soccorso), ora impegnato a tirare una coperta sempre più corta per tappare le falle.
«Dobbiamo manifestare tutta la nostra preoccupazione per il futuro prossimo del nostro ospedale», scrivono diciassette professionisti operanti in via Arnaldo Da Brescia, al termine di una lettera aperta in cui esprimono il loro disappunto per la crisi attuale della struttura sanitaria, ancor più dopo l’intervista alla Prealpina in cui Caterina Tridico, direttore sanitario dell’Asst Valle Olona, spiegava che l’emergenza di operatori in pronto soccorso è stata affrontata «cambiando il modello organizzativo, col reparto supportato nell’attività ordinaria da tutti i medici specialisti che possono spostarsi dai reparti».
Ma le cose non vanno così bene, non basta «con tono rassicurante dare l’immagine complessiva che il problema sia stato risolto con un cambio organizzativo», si ribellano i diciassette medici, che sono proprio coloro i quali dal giugno scorso sono scesi al pronto soccorso ad evitare il disastro.
Si tratta di Nicoletta Bertinelli, Riccardo Capra, Gianluca Castiglioni, Tommaso Ciampani, Elisabetta Colombo, Luciana Fedi, Rossana Figini, Lucia Fini, Maria Rosa Ghiggi, Lucia Lodi, Barbara Nardo, Luigi Pelucco, Paola Porta, Silvana Puricelli, Edoardo Rocca, Sabrina Rocca e Danilo Zanotta. Sono loro i dottori e le dottoresse che da tre mesi stanno dando supporto al reparto di frontiera, che resta in affanno e allo stesso tempo ha indebolito le unità operative di Pneumologia, Medicina 1 e 2.
Di fronte a quello che sta succedendo, ci tengono a chiarire con fermezza tre punti specifici della questione, per spiegare che quella in atto «non può rappresentare la soluzione di lungo termine della carenza di medici al pronto soccorso».
E sono fortemente preoccupati «se la posizione della direzione strategica è quella che emerge fatta dall’intervista della dottoressa Tridico con La Prealpina».
Ed ecco allora i tre dati da mettere sul tavolo.
Il primo è che «il nostro coinvolgimento nelle guardie di pronto soccorso ci è stato imposto dalla direzione come necessità transitoria per evitare l’interruzione di pubblico servizio».
In secondo luogo «la copertura di circa 80 turni mensili in ps ha sottratto risorse essenziali all’attività di degenza ed ambulatoriale dei nostri reparti».
Il terzo punto riguarda i colleghi che invece sono rimasti nei padiglioni, ma che non se la passano meglio dei “trasferiti” in trincea: «Costoro hanno infatti dovuto sobbarcarsi tutto il peso delle guardie inter-divisionali - scrivono i diciassette medici firmatari del documento - con le conseguenze già citate prima».
Questo è quanto, in un ospedale che sta collassando e che non riesce a trovare la cura.
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