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Omicidio Prati: i motivi del rigetto
Ergastolo per Pegoraro nonostante gli «elementi atipici», la Cassazione respinsa il ricorso
«Questa seconda sentenza della Corte di Cassazione mi sembra altrettanto superficiale quanto la seconda sentenza della seconda Corte d’Assise d’Appello di Milano del settembre di due anni fa, perché si limita allo stesso ragionamento effettuato nel primo passaggio in appello senza valutare la gravità dell’atipicità degli elementi che sono intervenuti tra gli spari di Cardano al Campo e la morte del sindaco Laura Prati». Senza venir meno alla sua consueta pacatezza, l’avvocato Maria Grazia Senaldi non nasconde tutta la sua amarezza dopo aver letto le motivazioni dietro la sentenza con la quale nel febbraio scorso i giudici della quinta sezione della Corte di Cassazione hanno rigettato il suo secondo ricorso davanti alla Suprema Corte volto ad ottenere la concessione delle attenuanti generiche.
Un verdetto che ha reso definitiva la condanna all’ergastolo di Giuseppe Pegoraro, l’ormai 66enne ex vicecomandante della polizia locale di Cardano al Campo che nel suo folle blitz del 2 luglio di sei anni fa sparò all’allora vicesindaco Costantino Iametti, ma soprattutto al sindaco di Cardano Laura Prati, che sarebbe deceduta tre settimane più tardi all’ospedale di Circolo di Varese.
Essendo emerso che il primo cittadino di Cardano aveva una malformazione artero-venosa, nonché considerato il decorso e l’esito di un’emorragia cerebrale intervenuta dopo i primi interventi dei sanitari durante il primo ricovero all’ospedale di Gallarate, il difensore di Pegoraro aveva basato la propria richiesta di concessione delle circostanze attenuanti sostenendo che questi fattori atipici avessero avuto incidenza sul nesso causale. In altre parole, la morte del sindaco Prati, senza alcuno di questi fattori, non si sarebbe verificato.
Considerazioni condivise nel primo passaggio in Cassazione, che guarda caso aveva annullato la prima sentenza di appello ammettendo in via ipotetica la concessione delle generiche (opzione che avrebbe potuto cancellare quantomeno l’ergastolo all’imputato).
La seconda sentenza della Cassazione, quella licenziata a febbraio, ha sposato invece la linea della seconda Corte d’Assise d’Appello, considerandone «coerente ed esauriente» la motivazione addotta: «Il delineato decorso atipico, individuato dalla sentenza di annullamento (messo in evidenza dalla prima sentenza della Cassazione, ndr), non è stato reputato circostanza di connotazione rilevante e speciale, tale da esigere una particolare considerazione ai fini della concessione del beneficio, ma è stato, anzi, considerato, con percorso argomentativo logico, di minore importanza rispetto ai parametri della gravità effettiva del reato e della personalità dell’imputato».
Per poi ribadire che per «il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o, comunque, rilevanti».
E ora? Pegoraro, recluso a Pavia, dovrà convivere con la condanna all’ergastolo. Pena che non cambierà nemmeno nel caso in cui l’avvocato Senaldi decidesse di ricorrere alla Corte Europea di Giustizia. Un’ipotesi che sta prendendo in esame.
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