IL CASO
«Tornate a indagare sull’omicidio di Lidia»
Assonanze con Garlasco. Appello dei Macchi su La7

Assonanze. Caso. Sincronicità. Decidete voi come inquadrare l’appello lanciato attraverso la trasmissione Ignoto X, in onda ogni giorno su La7, dalla famiglia di Lidia Macchi.
Un appello misurato, come sempre esternato in modo civile. Umanissimo: «Se qualcuno può - così mamma Paola e Stefania , la sorella della ventunenne uccisa nel gennaio del 1987 - non lasci cadere le indagini sull’omicidio di Lidia».
Indirizzo della richiesta accorata: la Procura della Repubblica di Varese.
Assonanze con Garlasco
Il cold case dell’anno - l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nel 2004, e i dubbi sulla colpevolezza del suo fidanzato, Alberto Stasi, recluso da dieci anni - è un filo d’acqua. Il Ticino. Onde, riflessi: termini che s’accostano agli eventi mediatici. Ma non solo.
Da qualche giorno Pino Rinaldi, conduttore di Ignoto X, naviga tra Garlasco e la sponda magra del Verbano per indagare le assonanze tra gli omicidi di Lidia e di Chiara, distanti tra loro quasi vent’anni.
Punto di partenza: delitti, entrambi, che racono con s? le stimmate dall’irrisolto.
Ferite che sanguinano ancora in casa Macchi. Dice mamma Paola: «Prima di morire vorrei sapere chi è l’assassino di Lidia per chiedergli perché?». Le fa eco Stefania: «Non vogliamo mettere pressione a chicchessia. Solo invitare chi ne ha la possibilità, a non lasciare alcunché d’intentato. Perché la ferita resterà ma farà meno male a noi e alla giustizia se si troverà un responsabile».
Il Caso «freddo»
Ospite fisso per queste prime puntate della trasmissione è l’avvocato della famiglia Macchi, Daniele Pizzi. È lui a ricomporre le tessere, a insistere sulle parti dell’accusa, allora in capo all’ex sostituta della Procura generale di Milano, Carmen Manfredda, accolte in primo grado con l’ergastolo. E poi sbugiardate, punto per punto, a tempo di record processuale dai procedimenti d’Appello e di Cassazione che avevano come imputato di omicidio Stefano Binda, amico di Lidia. Per lui tre anni di carcere. Tre anni di «ingiusta detenzione per un cold case che di nesso causale, stando agli atti, ha avuto nulla più che il proverbiale poco.
La sincronicità
Coincidenza significativa, non causalmente connessa. Questa è la sincronicità. La definizione che per i Greci separava il «tempo opportuno e interiore» da quello «misurato e misurabile».
Se vi piace la poesia: tra il battito del cuore e quello dell’orologio.
Il caso di Garlasco li richiama entrambi, quando l’avvocato Pizzi fa allusione esplicita all’utilizzo delle nuove tecniche d’indagine: fogli di paraffina da indagare con test biologici.
Ma non c’è solo la fredda prospettiva dell’investigatore a rendersi necessaria. C’è un tempo trascorso che sembra parlare, lasciando depositare la verità sul fondo.
Spingersi in quest’abisso non è cercare un tesoro.
Tanto meno è un’indagine. Significa piuttosto - così Stefania - «cominciarne una nuova senza pregiudizi, senza narrazioni prestabilite».
«Ho sempre avuto il sospetto - raccontava ieri Stefania alla Prealpina - che Lidia sia stata uccisa da uno sconosciuto. Nel 1987 non c’erano telefonini per annunciare ritardi occasionali, dunque non si faceva tardi per cena se non fermandosi a una cabina telefonica e avvisando. Non solo. Ad attendere Lidia, dopo la vacanza in montagna dei miei genitori, ci sarebbe stata tutta la famiglia. E lei non avrebbe mai rinunciato a quel momento di gioia».
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