Cantore del lago e del dialetto La cultura perde Luigi Stadera
Oggi, martedì 17 settembre, alle 14.30, nella chiesa parrocchiale di San Carlo si svolgeranno le esequie di Luigi Stadera, lo scrittore del lago, già direttore didattico a Gallarate.
È morto nella sua casa domenica 15 settembre, a sera, circondato dagli affetti familiari, qualche settimana dopo aver compiuto 90 anni.
Non è solo in lutto Cazzago, ma l’intera cultura delle nostre acque, a cui aveva dedicato buona parte della sua esistenza.
«Il lago e la pesca sono stati per me qualcosa di eccezionale - affermava -. Abbiamo scoperto noi bambini il lago, perché i pescatori, fossero professionisti e dilettanti, non ne parlavano. La pesca è un mestiere geloso. Abbiamo scoperto da soli i pesci, le loro abitudini. Questa era la vera maniera di imparare le cose: ripercorrere la storia della cultura, non studiare la nozione. Il pescatore, quando pesca, non sa mai cosa pescherà perché il pesce vive in un mondo negato all’uomo. Morirebbe fuori dall’acqua mentre l’uomo nell’acqua morirebbe. Quando peschi, come fai a non pensare che sia un miracolo? È un miracolo!».
Gli si illuminavano gli occhi - era gioia allo stato puro - quando raccontava la prima esperienza della pesca di due gobbini, persici sole, una mattina, seguiti da altre due al pomeriggio.
«Mia mamma per la prima volta me li ha fritti. Alla sera mi sembrava di essere al Ritz di Parigi e mangiare aragoste».
Nei suoi venti libri pubblicati - l’ultimo intitolato “A tu per tu con Piero Chiara” (Menta e Rosmarino editore) sarà presentato postumo a Gavirate il 15 novembre nell’ambito del Premio Chiara - l’altro tema dominante è il dialetto.
«Ho studiato la tradizione - spiegava - e quindi il dialetto che è la sua lingua con la stessa metodologia della cultura alta. Da questo punto di vista non esiste una cultura bassa e una alta. Esiste la cultura di un territorio più o meno vasto. Ho un cruccio - aggiungeva -. Ho sempre paura che quello che ho fatto nel campo del dialetto e della cultura orale sia interpretato come un riflusso nostalgico. Per me è un fatto di cultura: non possiamo orientarci nei fatti di oggi, nei problemi di oggi senza un confronto con i fatti e i problemi di ieri. Senza confronto non possiamo inverare la nostra vita di oggi».
La riconoscenza è sintetizzata nelle parole dell’attrice e scrittrice Betty Colombo, già sua alunna.
«Ci ha lasciato un’eredità magnifica di parole. Era un contadino delle parole che le coltivava seguendo le stagioni. Ora ci ha passato il testimone delle profondità della sua cultura. Tocca a noi proseguire sulla sua strada».
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