IL DELITTO
Omicidio di Cairate, c’è una pista precisa
Chi ha ucciso il 26enne Andrea Bossi? Le indagini hanno imboccato una direzione

L’attesa genera fantainvestigazioni, ma gli inquirenti non si scompongono: le indagini hanno imboccato una direzione precisa e parlarne come se fosse un gossip da salone di bellezza pregiudicherebbe il delicato lavoro che i carabinieri, coordinati dal pubblico ministero Francesca Parola, stanno conducendo da sabato scorso. Serve tempo, non per capire ma per incastrare tutti gli elementi raccolti affinché l’impianto accusatorio risulti invulnerabile.
NON UN ESTRANEO
Perché ci sono dati di fatto che non hanno bisogno di interpretazioni: l’uomo che venerdì 26 gennaio Andrea Bossi fece entrare nel suo appartamento di via Mascheroni 1 non era un estraneo. Non era arrivato con intenti manifestamente bellicosi perché nessuno tra i vicini avrebbe sentito urla e trambusto. Nell’appartamento nessuna evidenza di colluttazione, il corpo del ventiseienne era sul pavimento del corridoio, appena oltre l’ingresso e dai rilievi non sono emerse tracce di trascinamento.
IL FENDENTE E IL PITBULL
Andrea sarebbe stato sgozzato con un unico fendente che gli ha reciso la giugulare e che ha provocato un copioso sanguinamento e quindi il decesso immediato. Forse l’assassino temeva il pitbull del ragazzo e questa potrebbe essere la ragione per cui era stato messo sul balcone e lì lasciato fino al rinvenimento del cadavere. E poi, nell’era digitale, è impossibile entrare e uscire dalla vita di un ragazzo senza seminare indizi.
IL TENTATIVO DI DEPISTAGGIO
Il furto dei gioielli potrebbe avere una duplice spiegazione: il classico tentativo di depistare gli investigatori oppure mero e cinico opportunismo, come dire, «il danno è fatto, cerchiamo almeno di guadagnare qualcosa». C’è anche l’opzione feticcio, che aprirebbe uno scenario psicopatologico a parte, e anche questo filone è tenuto in debita considerazione. Non è un rompicapo insomma. Ma i puntini devono combaciare.
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