LA BATTAGLIA
Don David, dal carcere alla Camera
Il cappellano di Busto Arsizio a Roma per chiedere i telefoni nelle celle

il cappellano del carcere di Busto Arsizio, don David Maria Riboldi, si prepara a fare le valigie per andare a Roma, dove interverrà alla Camera dei deputati per presentare il calendario realizzato dalla cooperativa La Valle di Ezechiele con la casa circondariale di Busto Arsizio e soprattutto coglierà l’occasione per accendere nuovamente i riflettori sull’appello per ottenere i telefoni all’interno delle celle. TELEFONI IN CELLA
Una campagna che “il prete di galera” (come lui stesso si definisce) ha iniziato la scorsa estate e che oggi rilancia sui media alla luce degli 80 suicidi di persone detenute in carcere registrati dall’inizio di questo 2022.
Con il cappellano nella sala stampa della Camera ci saranno la deputata fagnanese Maria Chiara Gadda, molto vicina alla Valle di Ezechiele, il direttore del carcere di Busto Orazio Sorrentini e i vip che hanno partecipato alla realizzazione del calendario, e cioè la conduttrice tv Adriana Volpe e il campione olimpionico di judo Marco Maddaloni. Un lavoro realizzato nell’ambito del laboratorio di fotografia all’interno della casa circondariale.
IL CALENDARIO DELLA SPERANZA
«Lo abbiamo voluto a colori, per dare speranza e dignità», spiega don David presentando il calendario durante la tavola rotonda dal titolo “Chi è senza peccato” organizzata a Marnate sabato sera dal Gruppo Presepi con il Rotary Club Passaport Innovation District 2110.
Al tavolo con don David c’erano il marnatese don Stefano Guidi, direttore Fom, Paolo Maltese, avvocato e presidente Rotary, Fabrizio Capaccioli, vicepresidente Gbc Italia, Stefano Sgarella, regista del documentario Exit, moderato dalla giornalista di Prealpina Veronica Deriu. Il sindaco Betty Galli ha fatto gli onori di casa rimarcando la necessità di pensare a cosa voglia dire essere persone detenute e soprattutto con quale diritto ci si erge a giudici rispetto alle situazioni. Una serata dove si è tornati a riflettere su temi legati ai problemi che affliggono il mondo carcerario, su cui i cappellano ha aperto uno spaccato raccontando quanto sia difficile chiamare la famiglia e i parenti: dall’ingresso in carcere alla prima chiamata può trascorrere anche un mese perché ci sono bizantinismi e burocrazia.
«Come ho raccontato parecchie volte, in altri Paesi c’è la possibilità di chiamare dalla cella. Io stesso ricevo telefonate da persone detenute all’estero per avere uno scambio e un conforto, oltre a una parola gentile». Don David ha alternato racconti di vita quotidiana a numeri delle statistiche. «Pensate che ogni anno mille persone finiscono in cella e sono innocenti», ha detto scuotendo i presenti mentre sfogliando il calendario ha aperto uno spaccato di vita. «Ci sono padre e figlio in questa fotografia: quando tra il concepimento e la nascita del figlio, il padre ha commesso un delitto grave per cui sta ancora scontando la pena. I due non hanno mai vissuto insieme, se non da quando le scorse settimane, anche il figlio è entrato in carcere da detenuto. E per loro la prima esperienza di convivenza è dentro una cella».
Ha aperto cosi il tema di famiglia, educazione e società passando l’assist a don Stefano Guidi, direttore Fom: «Dovremmo chiederci cosa manca: se uno arriva in carcere è perché prima la vita non era dignitosa, mancava una famiglia, è vissuto in un contesto in cui è venuto meno il diritto all’educazione: basti pensare all’aumento della dispersione scolastica. Occorre una società adulta che affronti questi problemi. Da educatori occorre intervenire prima: nelle scuole, negli oratori, nel mondo sportivo, nella società insomma. La corsa alla beneficenza arriva troppo tardi».
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