SANITÀ
Falso medico, sequestrati conti e casa
Per trent’anni aveva esercitato senza laurea né abilitazione: dovrà restituire un milione di euro

Prima o poi dovrà pagare, così nel frattempo il tribunale ha cominciato col disporre il sequestro cautelativo della sua casa e dei sui conti correnti. Quando la scorsa primavera l’azienda ospedale di Legnano si era accorta che per trent’anni un medico aveva esercitato senza laurea, la storia del 62enne in servizio al Fornaroli di Magenta, originario della provincia di Pavia ma residente da una vita a Castano Primo, aveva fatto scalpore. Ora l’uomo dovrà versare in favore delle casse dell’azienda poco più di un milione di euro.
Lo ha stabilito la sentenza numero 215 della Corte dei Conti della Lombardia, con la quale è stata punita la condotta truffaldina di «un dirigente con un ruolo di primo piano nell’unità di chirurgia plastica dell’ospedale di Magenta». Quest’ultimo, nel 2015 era stato prima cautelarmente sospeso e poi licenziato, dopo che era emerso che non solo non aveva mai conseguito la laurea, ma che aveva anche falsificato, oltre al certificato di laurea, anche quello di abilitazione professionale e di iscrizione all’Ordine dei medici. Il danno erariale quantificato corrisponde alla somma degli stipendi mensili incassati dal medico nel corso di quasi 30 anni di servizio fuorilegge: dal febbraio 1986 all’aprile 2015. Stipendi in tutta evidenza versati illegittimamente.
Il finto camice bianco è stato smascherato a seguito dei controlli partiti dall’Ospedale civile di Legnano - di cui l’ospedale di Magenta fa parte - sulle autocertificazioni dei dipendenti all’atto dell’assunzione. Che cosa era emerso? Che l’uomo aveva dichiarato a suo tempo di essere iscritto all’Ordine dei medici di Torino, con il numero che invece corrispondeva a un altro medico, laureato per davvero. Di più, era stato appurato che non era vero nemmeno il certificato di iscrizione all’albo dei medici-chirurghi di Pavia presentato al momento dell’assunzione. Non sono state accolte le tesi dei legali del convenuto, che hanno puntato su una presunta corresponsabilità dell’Asl per il mancato controllo a monte dei titoli di studio, invocando una sorta di “culpa in vigilando”, ma anche sui presunti «vantaggi comunque percepiti dalla pubblica amministrazione per l’attività lavorativa, comunque svolta con successo ed encomi». Anche se non era un medico, l’uomo sapeva il fatto suo.
Tuttavia, secondo la sentenza dei giudici contabili, «è chiaro anche al profano che il possesso dei requisiti culturali e professionali si pone come necessaria premessa per l’utile svolgimento dell’attività». Altrimenti, «il legame tra prestazione e retribuzione deve considerarsi irrimediabilmente e integralmente mancante». Da qui la decisione di permettere all’ospedale di passare all’incasso, disponendo il sequestro della casa e dei conti correnti del 62 enne.
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