WELFARE
Famiglie e figli: servono servizi prima dei bonus
La natalità in picchiata, i problemi dei genitori e le intenzioni del governo Meloni
Come si sta ad essere genitore oggi in Italia? Generalmente non benissimo (eufemismo). Portafogli che si svuotano alla velocità della luce, il tempo che manca sempre, problemi vari, senza scordare le preoccupazioni che subentrano all’ingresso dei figli in età “difficili”. Corri come un matto per conciliare lavoro e impegni familiari, fai il conto alla rovescia quando s’avvicina la data del bonifico dello stipendio e a tarda sera, con la testa appoggiata sul cuscino e gli occhi che non si vogliono chiudere, ti avventuri nei calcoli senza la consolazione finale di trovare la quadra. Con tanti saluti ad un sonno che sarebbe quanto mai salutare.
IL TREND NEGATIVO
Fare figli, nel nostro Paese, è sempre più un’avventura. Farli crescere di più. Del resto le statistiche lo confermano. I dati Istat più recenti dicono che la media di figli per donna è di poco superiore ad 1,2. Considerando che crescita zero, il tasso di sostituzione, corrisponde a due figli per coppia, la tendenza è decisamente negativa. Ed è un trend che dura da più di mezzo secolo, innescato, favorito e alimentato da svariate ragioni socioeconomiche. E’ possibile invertire la rotta? Secondo Giorgia Meloni sì. La premier sostiene che la natalità è «una sfida prioritaria» del suo Governo e snocciola i primi numeri a riguardo: «Due miliardi e mezzo di investimenti diretti più un indotto di interventi strutturali che stanno portando alle famiglie benefici per 16 miliardi». Bene, vedremo. E speriamo.
SERVIZI DURATURI
Ad oggi per i comuni mortali con figli “tirare la carretta” è molto complicato. I bonus hanno dato una mano, l’assegno unico anche, ma nell’ottica di un aiuto solido e rassicurante c’è bisogno d’altro. Di riforme strutturali e servizi duraturi più che di sostegni estemporanei. Anche perché, per fare un esempio concreto, se una famiglia con tre figli ed Isee medio incassa circa 500 euro di assegno unico ma poi deve spenderlo interamente solo per coprire mense e post scuola, il problema rimane. Cambiare strutturalmente significa rendere gli asili nido gratuiti o comunque a costi accessibili; non dover sborsare 6 euro al giorno (o anche più) per un pasto di un bambino di nemmeno 4 anni; avere una copertura scolastica (extra) che si sposi con gli orari lavorativi dei genitori (se non lavori in due, non ce la fai) senza costringerli a spendere fortune in baby-sitter o aggrapparsi disperatamente ai nonni (quando possibile); dare la possibilità alle famiglie di lasciare i bambini in strutture idonee e a costi “umani” nei periodi in cui le scuole sono chiuse; favorire l’avvicinamento dei piccoli allo sport, impegnandoli in modo sano al di fuori dell’orario scolastico, studiando il modo di calmierare i costi per non “spennare” ulteriormente i genitori.
POCHI SOLDI
Certo, in Italia i soldi scarseggiano: la nostra premier non nasconde le “difficoltà di bilancio”. Ma se davvero Meloni vuole “ribaltare la narrazione della natalità”, serve un cambiamento di rotta forte, deciso, tangibile. Affinché due giovani, prima di mettere al mondo delle creature, non debbano fare il segno della croce sperando che quel bonus venga confermato o che quella proposta diventi realtà, ma possano contare su qualche certezza. Il primo ministro, pochi giorni fa, ribadendo l’intenzione di investire nella natalità ha affermato che “non serve gestire il presente se non si riesce a garantire il futuro”. Ecco, appunto: che si provi davvero a garantire il futuro a chi vorrebbe creare (o ha già creato) nuova vita.
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