L’ANNIVERSARIO
Festa al seminario di Venegono, novant’anni di vocazioni
L’arcivescovo Delpini: «Genitori, siate riconoscenti a Dio». Il monito: «Che tristezza la barca che non spiega le vele e rimane in porto per sentirsi sicura»

«Il prete è un uomo consacrato, segnato da un sigillo che lo rende appartenente alla Verità di Dio. La sua importanza è il far trasparire la luce della Verità che lo ha affascinato».
L’ARCIVESCOVO AI FEDELI
Con queste parole, il primo maggio al termine della tradizionale Festa del seminario, l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, rivolgendosi ai numerosi fedeli giunti da tutta la diocesi ambrosiana, dopo aver precisato che il prete «non è colui che si distingue per l’abito, non è un professionista con competenze specifiche, non è un organizzatore e non è il factotum della parrocchia e dell’oratorio», ha definito i presbiteri, introducendo la comunità diocesana nel mese che culminerà sabato 7 giugno con l’ordinazione di undici preti novelli in Duomo a Milano.
LA FESTA
In una splendida giornata di sole primaverile, la Chiesa milanese ha festeggiato i novant’anni del suo seminario, inaugurato il 12 maggio 1935. Accolto dal rettore, don Enrico Castagna, al mattino l’arcivescovo Delpini ha presieduto, nella basilica della Divina Sapienza, la solenne concelebrazione eucaristica alla quale ha partecipato, tra gli altri, il prefetto di Varese, Salvatore Pasquariello. Tra i concelebranti, anche il rettore del seminario diocesano di Como, don Alessandro Alberti. Da due anni, infatti, i seminaristi della diocesi lariana guidata dal cardinale Oscar Cantoni compiono gli studi teologici al seminario di Venegono. Al termine del rito, monsignor Delpini, non ha risparmiato ai seminaristi comaschi presenti la sottolineatura relativa al successo della squadra del seminario ambrosiano nella 21esima edizione del torneo di calcio dei seminari lombardi, disputatosi nel mese scorso, ricordando loro che: «Mi spiace ma, la coppa è ancora custodita qui».
NON SORPRESA MA RICONOSCENZA
All’omelia, il presule ispirandosi al Vangelo di Giovanni, si è rivolto ai familiari dei seminaristi commentando la sorpresa provata da un genitore di fronte alla scelta di un figlio di andare in seminario. «Ci sono quelli – ha detto l’arcivescovo – che dalla sorpresa passano all’inquietudine e allo spavento ma, coloro che si fidano del vento amico, lo Spirito che fa rinascere chi è vecchio e risorgere chi è morto, passano dalla sorpresa allo stupore, all’esultanza, alla riconoscenza». Dopo aver elogiato «coloro che si affidano al vento amico senza sapere dove li porterà», il pastore della Chiesa di Milano ha manifestato il suo dispiacere per «la tristezza della barca che non spiega le sue vele e ha il timore del mare e degli orizzonti lontani, preferendo restare in porto pretendendo di stare al sicuro là dove la vita invecchia senza mai navigare sotto nuovi cieli e giungere a porti lontani». Precisa e diretta la proposta di riflessione dell’arcivescovo rivolta ai tantissimi giovani presenti: «Interrogo le libertà che non si fidano, le giovinezze che non raccolgono l’invito a prendere il largo, le vite che trascorrono senza seguire una direzione, senza rispondere alla vocazione alla santità». Infine, nell’anno del Giubileo non poteva mancare un messaggio di speranza: «Per lo Spirito non c’è niente di irrimediabile, non c’è nessuna vecchiaia che non possa rinascere, non c’è nessun destino già scritto, se l’animo si apre alla grazia».
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