IL CASO
Fjord, la crisi che non t’aspetti
Il colosso alimentare, che esporta salmone affumicato in tutto il mondo, risente di un calo degli affari: concordato e cassa integrazione per i 64 dipendenti

Il suo salmone affumicato, sinonimo di qualità, è arrivato ad essere servito sulle tavole di 60 milioni di consumatori in Italia e nel mondo. Un dato che da solo spiega la storia industriale e il successo imprenditoriale costruito in ben 48 anni di vita ( fu fondata nel 1969 da Francesco Pellin) di Fjord Spa, l’azienda bustocca leader proprio nella produzione di salmone affumicato di qualità. Eppure, i tentacoli della crisi sono arrivati a colpire anche questo colosso alimentare della provincia. La causa? Una pesante crisi di liquidità che ha portato la famiglia di imprenditori a presentare al Tribunale di Busto Arsizio la domanda per l’ammissione alla procedura di concordato in continuità. Il giudice Marco Lualdi ha dato il via libera e ora l’azienda è chiamata a presentare un piano finanziario di rientro dai debiti stipulati con le banche e, contemporaneamente, un piano industriale che dimostri che l’attività produttiva ha tutte le carte in regola per proseguire e trovare nuove vie di sviluppo. Il tutto entro il prossimo 6 settembre, dal momento che il Tribunale ha concesso sessanta giorni di proroga rispetto alla prima scadenza che era stata fissata allo scorso 8 luglio.
Settimane bollenti, dunque, per l’azienda alimentare che, comunque, in questi mesi non ha mai smesso di produrre. «Noi siamo qui a lavorare - sottolinea Beniamino Pellin - e non abbiamo mai smesso di produrre. Siamo stati colpiti da una crisi finanziaria causata, principalmente, dai numeri poco soddisfacenti ottenuti nel periodo natalizio. Visti i bilanci, abbiamo deciso di intervenire subito, anche personalmente, e di aprire la procedura di concordato. Ora stiamo mettendo a punto un piano industriale e finanziario che, son sicuro, tornerà a farci navigare in acque tranquille».
Ottimismo, dunque, in azienda, anche se è inevitabile che per gli attuali 64 dipendenti sono settimane di preoccupazione per il futuro lavorativo. Attualmente, per tutti, è stata chiesta la cassa integrazione al 100% «ma in realtà la stiamo usando al 30 per cento - specifica Pellin - dal momento che stiamo producendo anche se con volumi inferiori rispetto al nostro standard». Un percorso che le organizzazioni sindacali seguono da vicino .
«Noi ci siamo visti con il top management aziendale regolarmente - spiega Giuseppe Mottura (Cgil) che segue l’azienda insieme a Vincenzo Nisi (Cisl) - e siamo in attesa di conoscere i dettagli del piano industriale in elaborazione. Va detto che i dipendenti, fino ad oggi, sono stati sempre pagati, ma è chiaro che la preoccupazione per il futuro c’è».
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