LA DECISIONE
Sinti, sgombero confermato
Fallito ogni tentativo di mediazione. L’avvocato Romano: «Non possono smaterializzarsi»
«Io stamattina (ieri, ndr) ero al lavoro, guardate che ho su le scarpe anti-infortunio. Mi hanno chiamato e sono tornato a casa perché mia figlia piangeva».
Pino Saccone è un padre disperato. È uno dei capifamiglia della comunità sinti che è stata sgomberata da via Lazzaretto alla fine del mese di novembre. Ora si trova in via Aleardi dove roulotte e camper si sono trasferiti in un’area di proprietà dell’istituto di sostentamento del Clero. Non potevano farlo. «Ma ditemi voi dove potevamo andare?». E allarga le braccia.
DUE DENUNCE PER L’OCCUPAZIONE
Ieri mattina è naufragato l’ultimo tentativo di mediazione per convincere i nomadi ad andarsene con le buone. Verso le 9.30 sono arrivate le forze dell’ordine in massa: polizia, carabinieri e vigili urbani.
Il tutto come conseguenza dell’occupazione abusiva del terreno che ha dato luogo a due denunce da parte della proprietà e dell’affittuario. Che ieri era presente all’ingresso del campo ma se n’è andato a metà mattinata.
I sinti tengono duro, ma l’ordine è chiaro e perentorio: quei terreni vanno liberati, altrimenti gli occupanti saranno portati fuori in maniera coattiva. «Sì, ma dove ci mandano? - si chiede Pino - Noi da qui non ci spostiamo».
Il Comune ha assegnato loro cinque alloggi popolari fino a settembre, ma non ci sono ancora entrati.
VADANO A LAVORARE, COME FANNO TUTTI
In serata i rappresentanti della comunità si sono presentati in un consiglio comunale blindato dalle forze di polizia con identificazione all’ingresso e stop ad alcuni autonomi che volevano entrare in aula. «Ci hanno detto arrangiatevi – continua Pino – ma noi non possiamo andare in mezzo a una strada. Qui in via Aleardi ci sono bambini che vanno a scuola. Stiamo resistendo ma viviamo nel disagio più totale. E tutti se ne fregano. Se ci mandano via, io mi metto con la mia roulotte in piazza, sotto il Comune. E sto dentro a dormire».
Stanchi, sfiniti, ormai allo stremo, dopo quattro mesi di lotta. I sinti non vogliono arrendersi. Sono cittadini italiani, per di più residenti a Gallarate. Ma gli stessi gallaratesi sono arci-stufi di questa telenovela.
Poco più in là del campo, c’è un residente di Madonna in Campagna che preferisce rimanere anonimo ma dice la sua: «Vadano a lavorare, come fanno tutti. Non ho altro da dire». È l’altro lato di una medaglia che restituisce nel microcosmo cittadino tutte le contraddizioni di quest’epoca che si dice moderna.
FALLITO OGNI TENTATIVO DI MEDIAZIONE
Eppure in mattina si era sperato in una via mediana che avrebbe portato i sinti nell’area di proprietà comunale di via Pacinotti, quella dove era stata allestita la tendopoli provvisoria in occasione dello sgombero di novembre.
All’epoca i nomadi si erano rifiutati di andare, ma ora accetterebbero lo spostamento in attesa dell’assegnazione delle case popolari. «Si fanno dare l’autorizzazione scritta per stare lì, relativa a questi nuclei che ora vivono in roulotte e camper – spiega il legale della comunità Pietro Romano - poi aspettano il bando a giugno».
Tutto inutile, quel terreno viene dichiarato indisponibile. Ai sinti non resta che attendere. «Lo sgombero è già formalmente iniziato oggi (ieri, ndr)», fanno sapere le autorità competenti. Sarà completato nei prossimi giorni, non si sa con precisione quando perché, a quanto sostiene Romano, «dovranno venire qua in forza, ci hanno detto, con almeno duecento unità».
NON POSSONO SMATERIALIZZARSI
Al di là della posizione che ognuno può avere rispetto ai nomadi, «non c’è né ragionevolezza, né buonsenso in questo intervento - va ripetendo Romano - guardiamo al pratico: i sinti stavano in via Lazzaretto e non davano fastidio a nessuno, ora si sono messi in via Aleardi e c’è la levata di scudi dei residenti a Madonna in Campagna. Se li mandano via da qui, dovranno spostarsi altrove, non possono smaterializzarsi. E allora? Cosa hai risolto? È così che deve comportarsi una buona amministrazione?».
Domande che rimangono senza una risposta, mentre in aula, ieri sera, se ne sono sentite di tutti i colori, anche se non ci sono state dichiarazioni ufficiali durante la seduta. A un certo punto, però, appena il sindaco stava per prendere la parola i sinti presenti in aula gli hanno voltato le spalle e se ne sono andati battendo le mani in segno di scherno.
SIAMO UMANI, SIAMO CRISTIANI
«Ci vogliono mandare via ma noi esistiamo, siamo umani, siamo cristiani. Se anche ci danno le case fino a settembre poi cosa facciamo? Sai cosa ci hanno detto? Comprate un terreno. Ma se è agricolo non possiamo neanche entrare. Qui noi abbiamo i bambini che soffrono. Siamo stanchi». Alessio Ferrari, per tutti Iuba, è un fiume in piena. Vuole sfogarsi ed esce dal campo per parlare con i giornalisti. Ma le parole, in questo momento, servono a poco. I sinti temono i fatti, cioè lo sgombero e un domani (se non oggi) tutto da inventare.
CASE POPOLARI
Intanto dall’Associazione Nazione Rom fanno presente che nel comune sono presenti ben 84 case popolari non abitate di proprietà del Comune e di Aler. 17 di questi sono già stati assegnanti nella graduatoria 2018 ma ancora non abitati per permettere l’ultimazione dei lavori di manutenzione. Nei prossimi mesi saranno disponibili altri 21 alloggi. Ne restano altri 46, per lo più di proprietà Aler, al momento nemmeno assegnati perché necessitano di ingenti lavori di ripristino.
Anr ha inviato un documento al Prefetto Enrico Ricci e al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza. La richiesta è: Sospensione dello sgombero da Via Aleardi e convocazione di un incontro per programmare un percorso di inclusione sociale.
LO STATO STA FACENDO LO STATO
«Lo sa cosa manca del tutto in questa vicenda? Il buon senso». Ad affermarlo, mentre nel campo di via Aleardi proseguono le trattative tra gli uomini della questura e la comunità sinti, è il presidente dell’Anpi Michele Mascella, anch’egli transitato ieri mattina per capire quale destino sarebbe riservato ai nomadi gallaratesi.
Buon senso, proprio una parola che fa parte del lessico del ministro Matteo Salvini.
«Che senso ha tutto questo spiegamento di forze e risorse per spostare i sinti, che sono cittadini di Gallarate, da un posto all’altro?» si chiede il rappresentante dei partigiani.
Resta incredula anche Cinzia Colombo, già assessore all’ambiente, che domenica ribadiva quanto ritenesse «assurdo» procedere allo sgombero «quando in pochi giorni almeno le cinque famiglie assegnatarie di un alloggio di emergenza avranno finalmente una soluzione abitativa», per quanto temporanea.
Dal Comune però, stavolta, ad assistere all’operazione di sgombero non si presenta nessuno, fatta eccezione per il comandante della polizia locale Antonio Lotito con i suoi uomini: la linea ufficiale dell’amministrazione è che si tratti di una faccenda che non riguarda direttamente il Comune di Gallarate, dato che l’occupazione abusiva riguarda un’area privata.
«Lo Stato sta facendo lo Stato - il commento del sindaco Andrea Cassani - il merito non è mio, benché sia assolutamente d’accordo, ma di chi ha l’onore e l’onere di far rispettare le leggi. Uno Stato dove qualcuno pensa di poter vivere nell’illegalità occupando abusivamente un’area non è uno Stato credibile e serio».
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