IN TV
Gino Bartali su Rai Storia: dalla Legnano alla fama mondiale
A venticinque anni dalla morte del campione di ciclismo viene proposto un documentario sulla sua storia personale e sportiva. Appuntamento lunedì 5 maggio alle 18

Gino Bartali. Il campione del ciclismo italiano nato in sella alle biciclette della Legnano, simbolo dell’antifascismo e del duplice volto politico dell’Italia del 900. Un personaggio che, a venticinque anni dalla morte, verrà raccontato da Italiani, in onda lunedì 5 maggio alle 18 su Rai Storia.
IL LEGAME CON IL VARESOTTO
Alcune delle più prestigiose vittorie di Gino Bartali sono state conquistate con la Legnano. Il campione del ciclismo sboccia proprio nella città del Carroccio a 22 anni, dove nasce anche la storica rivalità con Fausto Coppi. Nel 1936 vince con la squadra il suo primo Giro d’Italia, che conquisterà anche l’anno successivo. Durante la Tre Valli del 1948 - edizione più partecipata di sempre, con oltre mezzo milione di spettatori - andò in scena uno degli scontri più feroci tra i due. E il legame con il Varesotto restò sempre molto forte, tanto che nel 1990 fu lo stesso campione a consacrare come suo erede Gianni Bugno, che trionfò quell’anno al Giro d’Italia, nella tappa con partenza a Gallarate e traguardo sul Sacro Monte di Varese.
LA BIOGRAFIA
Ginettaccio, L’uomo d’acciaio, Gino il Pio, L’intramontabile, Bartali nasce il 18 luglio 1914 a Ponte a Ema, nei pressi di Firenze. La sua famiglia è d’origine contadina. Da ragazzo lavora come apprendista meccanico nella bottega di un ciclista. L’anno della consacrazione arriva nel 1938 quando trionfa al Tour de France. Gino intanto ha conosciuto Adriana Bani, che sarà l’amore di una vita e che sposerà nel 1940. Bartali fin da giovane è un fervido credente, è iscritto all’Azione Cattolica, è devoto a Santa Teresa di Lisieux, è terziario carmelitano. Gli anni della guerra gli porteranno via la possibilità di tante vittorie, ma faranno uscire la sua grandezza d’animo. Gino, amico del cardinale Elia Dalla Costa, si mette al servizio di una rete clandestina per il salvataggio degli ebrei. Tante volte farà in bicicletta il tragitto tra Firenze e Assisi, a rischio della propria vita, per trasportare documenti falsi contribuendo così al salvataggio di circa 800 persone. Gino non racconterà mai in pubblico questa storia perché, come diceva, «il bene si fa ma non si dice». Tuttavia, dopo la sua morte riceverà i meritati riconoscimenti: Medaglia d’oro al Merito civile, viene dichiarato Giusto tra le nazioni. Nel dopoguerra arriveranno le altre grandi vittorie di Bartali e la rivalità con Fausto Coppi, molto diverso da lui per carattere: l’Italia è divisa ormai in bartaliani e coppiani. Gino vince il Giro d’Italia del 1946, il cosiddetto Giro della rinascita, proprio davanti a Coppi, che aveva vinto da suo gregario l’ultimo giro prima della guerra. Ma la più grande impresa sportiva di Bartali è la vittoria al Tour de France del 1948, a 34 anni e a 10 di distanza dalla prima. La sua vittoria avviene in un momento molto critico, quello dell’attentato a leader comunista Palmiro Togliatti, ed è ancora più importante perché contribuisce a favorire un clima di pacificazione nel Paese. Gino correrà fino alla metà degli anni ‘50 e poi si dedicherà sempre al ciclismo come dirigente sportivo e commentatore. Muore, all’età di 85 anni, il 5 maggio del 2000.
© Riproduzione Riservata