OLTRECONFINE
Il franco forte fa paura e iniziano i licenziamenti
Stipendi più alti per i frontalieri, ma cresce il numero delle “disdette di lavoro”. Le fortune dell’industria svizzera dipendono dall’esportazione

Cresce il numero di disdette di lavoro, un modo gentile tutto svizzero per non usare la parola licenziamenti, in alcune piccole medie imprese ticinesi storiche, che nel tempo hanno dato occupazione anche a moltissimi frontalieri. Sia chiaro, va detto, in questo percorso sono coinvolti anche padri di famiglia svizzeri che si trovano con l’aggravante di rimanere senza lavoro in una regione con costi ben diversi da quella italiana di confine. Si osservano alcune ditte, per ora poche, che chiudono definitivamente - nei giorni scorsi è arrivata la notizia di una settantina di persone di un’azienda nel Malcantone - altre invece ridimensionano il personale in attesa di “venti migliori”.
IL CARO FRANCO
Uno dei motivi è da ricercarsi nell’apprezzamento monetario del franco svizzero. Pare incredibile, ma proprio quello che fa felici molti frontalieri a fine mese – la valuta forte, infatti, aumenta la paga degli italiani negli uffici di cambio – rischia di essere un boomerang, l’altra faccia del franco. Da mesi ormai arrivano i report contabili, di cui i giornali danno notizie, rispetto al “bonus cambio” che appesantisce un po’ il portafoglio dei lavoratori di varesotto e comasco che ogni giorno varcano il confine. Quali sono le ragioni di questa forza? Bisogna dire subito che è forte perché lo comprano tutti. Più lo comprano e più il suo prezzo sale contro quello delle altre valute. Lo comprano perché garantisce sicurezza, ma un franco forte intimorisce, spaventa l’economia. Questo perché il successo e la fortuna dell’industria svizzera risiede soprattutto nell’esportazione, in special modo in quella verso gli Stati Uniti e l’Eurozona. A causa del cambio maggiorato, gli attori economici di queste regioni avranno più difficoltà a comprare i prodotti elvetici prodotti dalle industrie locali, perché con gli stessi soldi di ieri oggi compreranno meno. E questo è un cattivo presagio per la Confederazione, per il settore manifatturiero particolarmente attivo anche a sud, in canton Ticino. Ad avere la peggio sono i lavoratori avanti con gli anni, più difficili da ricollocare, e anche per questo le aziende - come quella citata sopra - si attivano per svincolare questi soggetti “più deboli” dal punto di vista occupazionale in modo da poter trovare altro impiego.
PIU’ RICCHI MA TIMOROSI
II tema della forza della valuta, sui suoi possibili effetti, non è estraneo soprattutto a chi lavora in aziende ed è possibile sentire i lavoratori italiani commentare gli articoli di giornali in bar o pompe di benzina non senza timori per questa ascesa. Vi sono report economici come quello di UBS, che permettono di guardare avanti, tuttavia, con stime sulla crescita al rialzo. Gli esperti della maggiore banca elvetica prevedono che il prodotto interno lordo (Pil) della Confederazione aumenterà del +1,4% quest’anno, a fronte del +1,3% stimato in precedenza. Se negli ultimi trimestri l’economia elvetica è stata caratterizzata da una dicotomia - consumi solidi, industria debole - di recente anche il settore secondario ha fornito impulsi alla crescita, osservano gli economisti di UBS. È soprattutto il comparto dei prodotti farmaceutici ad aiutare l’industria manifatturiera a compiere passi avanti a livello di esportazioni.
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