LEGAMI PERICOLOSI
La colf e il ricco anziano: «Avevamo una relazione»
«Io al signor Angelo volevo non bene... ma di più», dice in aula la cinquantenne rumena che per più di 15 anni lavorò come colf per un facoltoso imprenditore tradatese deceduto a 85 anni nell’ottobre del 2022. La donna è sotto processo per circonvenzione di incapace e nel dibattimento davanti al giudice Andrea Crema (pubblico ministero Arianna Cremona) è arrivato per lei il momento di sottoporsi all’esame, e cioè di rispondere alle domande della pubblica accusa, delle parti civili (gli avvocati Paolo Bossi e Giuseppe Lucibello, che rappresentano i parenti dell’anziano) e del suo difensore, l’avvocato Luca Carignola.
I «REGALI» PER GENEROSITÀ
L’ex colf rumena si difende dunque con decisione, e qualche lacrima, dall’accusa di aver portato via al signor Angelo un paio di milioni di euro, tra soldi e proprietà, approfittando di quella che per la Procura era la salute mentale declinante dell’anziano (dal 2020 sottoposto ad amministrazione di sostegno). Anche rivelando che tra loro, già un anno dopo l’inizio del rapporto professionale, intorno al 2005, iniziò una vera e propria relazione, che rimase però «segreta» dato che lei aveva marito e figlio, e lui all’epoca una compagna dopo la separazione dalla moglie. Nessun raggiro, insomma, nessuna strategia tesa a “spolpare” un vecchietto ricco e solo. Prelievi, assegni e bonifici, e due case, sarebbero stati «regali» di un uomo generoso alla donna che gli allietava gli ultimi anni di vita e che lo accompagnava ovunque: in Liguria, dove intorno a una casa dell’imprenditore c’era una tenuta agricola, in Romania per sontuose battute di caccia con l’elicottero, ogni anno per un mese alle Mauritius.
I MESSAGGI
Una narrazione che sembrerebbe escludere la circonvenzione di incapace, anche se va detto che nel corso del lungo interrogatorio diverse domande dei legali di parte civile hanno messo in difficoltà la colf, che ha deciso di non rispondere. Soprattutto quando si parla di messaggi WhatsApp scambiati con un’altra persona in cui tutto questo affetto per il signor Angelo non sembra trasparire o in cui ci si preoccupa di cancellare messaggi dal telefonino di lui o in cui si dimostra fastidio per la presenza di telecamere in casa («C’era qualcosa che doveva essere tenuto nascosto?» è la domanda delle parti civili) o, ancora, in cui si parla di strategie legali per opporsi all’amministrazione di sostegno. L’imputata sostiene che ad essa fosse disperatamente contrario lo stesso signor Angelo, ma il sospetto di Procura e parenti è che opporsi o cercare alternative fosse da parte della colf un tentativo di continuare ad accumulare “regali”.
«BUSTE CON 5, 10 O 11 MILA EURO»
L’imputata ha spiegato anche che prendeva sì 1.200 euro di stipendio mensile, ma era a disposizione del suo datore di lavoro-amante «dalle sette del mattino alle otto di sera», festivi compresi, con tanti straordinari «pagati in nero», grazie ai quali avrebbe avuto i fondi per quei bonifici in Romania per quasi 190mila euro in cinque anni che le vengono contestati come parziale bottino della circonvenzione. Mentre altri versamenti, sempre a soggetti rumeni, sarebbero stati fatti dal signor Angelo per il pagamento di spese legate a un immobile, usato per la caccia in Romania, acquistato nel 2012 per 200mila euro, regalato alla colf (l’anziano ne mantenne l’usufrutto per cinque anni) e ora messo a reddito su Booking dalla donna per coprire le spese. Il signor Angelo avrebbe prelevato molti contanti e avrebbe avuto l’abitudine di pagare le sue spese così, e non si parla di spese alla portata di tutti: «Per fare un esempio – ha detto l’imputata – quando decideva di cacciare in Romania, un orso gli costava 20mila euro. A me dava buste con 5, 10 o 11mila euro. E a un guardiacaccia del mio paese consegnò 5mila euro quando seppe che la figlia doveva essere operata per un tumore. Era fatto così, era un uomo generoso».
Quanto, infine, alle condizioni di salute dell’anziano, prima del 2020, avrebbe avuto solo qualche deficit di memoria e il crollo delle sue capacità sarebbe avvenuto nell’estate del 2020, «quando i figli quasi lo costrinsero al ricovero in un ospedale milanese per sottoporsi a un check-up».
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