IL TERREMOTO
Le rivelazioni del boss portano scompiglio
’Ndrangheta, De Castro spiega i segreti. Anche il figlio collabora

La notizia del ravvedimento di Emanuele De Castro, che da agosto ha deciso di collaborare con la giustizia, ha portato scompiglio in paese. In più di un ambiente e a dire il vero anche oltre i confini lonatesi.
Il contenuto delle dichiarazioni del cinquantunenne, arrestato a luglio nell’ultimo blitz contro la ‘ndrangheta, non sono ovviamente note. Ma alcune certezze ci sono. La cosca cirotana, che per decenni ha avuto De Castro ai suoi vertici, aveva a disposizione un arsenale. A settembre i carabinieri hanno individuato due chili e mezzo di esplosivo riconducibile all’imputato, localizzato in un terreno di via Trieste, confinante con l’abitazione del boss. Ma non solo. In un garage di via Piave il pregiudicato e i suoi aggregati avevano a disposizione due pistole semiautomatiche Beretta, calibro 22 long rifle, dotate di caricatore, silenziatore, munizioni e con le matricole abrase e un revolver 38 special, che risulta provento di un furto denunciato nel 2001.
Dunque l’apertura nei confronti degli inquirenti ha già dato i primi risultati. Agli atti allegati al giudizio immediato risultano gli interrogatori del 7 e 13 agosto, del 4 e del 27 settembre. Oltre a De Castro senior anche il figlio Salvatore avrebbe cambiato orientamento e si può dedurre dalle fonti di prova che contemplano le presunte propalazioni rese dal ragazzo tra il 13 e il 26 di settembre. Confermati, attraverso le loro rivelazioni, anche i pesanti addebiti contestati ad alcune figure politiche del territorio, uno su tutti Enzo Misiano, ex consigliere comunale di Ferno in quota a Fratelli d’Italia, di cui era responsabile sia nel piccolo comune che a Lonate. Come ipotizzato nell’ordinanza della dda eseguita il 4 luglio, Misiano come componente della commissione territorio e di quella elettorale, avrebbe agevolato la cosca occupandosi delle pratiche amministrative pendenti in Comune, condizionandone l’esito e suggerendo escamotage e cavilli mirati a eludere oneri e costi amministrativi e fiscali. Al suo fianco c’era anche il cognato Francesco Basile, che un tempo vestiva la divisa della polizia di Stato. Ma l’ambiente politico era contaminato un po’ ovunque. Lo spiegò agli inquirenti l’ex sindaco lonatese Danilo Rivolta: «Diverse famiglie cirotane esercitano un controllo sul territorio, Casoppero, Cilidonio, De Novara, Filippelli, Murano e De Castro. Le loro attività regolari riguardano il settore edilizio. Quando ero assessore all’urbanistica in giunta c’era la sorella di Franco De Novara (...) Sua figlia Francesca è l’attuale assessore alla cultura. Un sera Franco si lamentò con me del fatto che destinassi pochi soldi all’assessorato di sua figlia e del fatto che ricadesse sulla stessa un’iniziativa sulla legalità che lei non si sentiva di sostenere».
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