LO SHOW SKY
Master Chef parla varesino, Edoardo e Francesca avanti
I due concorrenti locali salvi davanti al bistellato Sgabin al termine della quarta puntata

Se, come recita il mantra dello chef Antonino Cannavacciuolo, «cucinare significa trasmettere emozioni», i due concorrenti varesini della dodicesima edizione di Masterchef, in onda ogni giovedì sera su Sky, stanno assolvendo al loro compito nel migliore dei modi. E non solo tra pentole e fornelli.
Nel binomio di puntate trasmesse l’altra sera, a far lacrimare i concorrenti non è stata la cipolla ma le eliminazioni di tre colleghi, nell’ordine d’uscita dalla porta principale della maxicucina, Francesco Girardi, Letizia Borri e Rachele Rossi.
L’eliminazione di quest’ultima, giunta alla fine di un Pressure Test all’insegna della preperazione di una Blanquette di Pollo, non è stata affatto digerita dal sempre esuberante varesino Edoardo Franco, capace invece di togliersi dagli impicci con una (involontaria) rivisitazione degli gnocchi col pesto, davanti a uno chef bistellato qual è Davide Scabin chiamato a far da quarto, severissimo, giudice, della quarta puntata. Nonostante abbia utilizzato il pecorino romano anziché il fiore sardo per chiudere la preparazione del condimento italico più copiato nel mondo, anche questa volta - com’era accaduto con l’utilizzo a sproposito del burro fuso sul purè di patate durante la penultima uscita - Edoardo ha dimostrato un’innata capacità di recupero e di dosaggio degli ingredienti, tanto da convincere i giurati a spedirlo sull’agognata balconata come secondo miglior concorrente di serata.
Da qui s’è commosso visibilmente nel dover salutare l’amica Rachele che - parole sue - gli era sin lì stata di grande conforto nell’affrontare le difficoltà della competizione.
La puntata s’era aperta con la Mistery Box ispirata a sale e pepe nelle diverse declinazioni che si trovano nelle cucine extraeuropee, quindi s’è aperta la partita delle eliminazioni con lo Skill Test, governata da Scabin, custode della tradizione culinaria italiana in divenire perché - ha spiegato lo chef torinese - «non c’è nulla di più moderno della tradizione». E se Edoardo se l’è cavata subito al primo giro, Francesca Filippone, la manager varesina (di Rancio Valcuvia) ha dovuto attendere il secondo giro di portate: spaghetti alla chitarra con le pallotte, cioè conditi con sugo di pomodoro e polpette di tre diversi tipi di carne (agnello, manzo e maiale), a loro volta insaporite da tre diversi tipi di erbe e di formaggi. Una rivisitazione dei piatti più tradizionali, sui quali Scabin, così come Giorgio Locatelli, Bruno Barbieri e lo stesso Cannavacciuolo si sono dimostrati inflessibili.
Francesca, però, non si è lasciata intimorire e ha dimostrato ancora una volta di saper dominare, davanti ai fornelli, la tensione d’una sfida complicata, sfoderando un impiattamento aggraziato e, soprattutto, un piatto cucinato a regola d’arte. Motivo per il quale ha potuto riabbracciare i propri colleghi sulla balconata, lasciando a quelli rimasti la sfida decisiva che ha comportato la doppia eliminazione. La rivisitazione della classica cotoletta nella versione Milanesa e Napoletana in versione pizza al prosciutto cotto ha una storia curiosa: nacque per errore dello chef, nel ristorante El Napolitano di Buenos Aires, ai primi del Novecento, laddove l’Orecchio d’Elefante bruciò su un lato nella frittura nell’olio d’oliva - anziché nel burro - e fu rimesso a nuovo togliendone la bruciatura e ricoprendone la parte scrostata con passata di pomodoro, mozzarella e prosciutto cotto, prima di finire al forno. Insomma, l’arte di arrangiarsi in extremis. Quella che fa la differenza tra esecutori di piatti e grandi chef. Ma che è anche costata il grembiule a Letizia e Francesco, con una nota acida di quest’ultimo rivolto ai giudici: «Ricordatevi che dietro a ogni concorrente c’è una persona».
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