Ferrero
Nella fabbrica di Alba dove da 70 anni nasce la qualità Ferrero
Un viaggio dei sensi alla scoperta della casa della Nutella

Milano, 16 dic. (askanews) - La scritta giallo oro campeggia fiera e senza fronzoli all'ingresso dello stabilimento. Sette lettere in quei caratteri iconici che qui, affettuosamente, chiamano carrarmati. E' lei ad accogliere i lavoratori che da 70 anni producono alcuni dei simboli dell'industria alimentare italiana: Nutella, Ferrero Rocher, Kinder Gran Sorpresa sono la storia di Ferrero, che nella prima periferia di Alba ha il secondo più grande stabilimento dolciario d'Europa.
La toponomastica, che conduce al cuore della produzione piemontese, è un'utile guida nella storia di questa famiglia: dalla pasticceria di Pietro Ferrero nei primi anni Quaranta del Novecento alla realtà plasmata dall'ingegno e dalle mani di Michele, oggi guidata dal figlio Giovanni.
Quando si aprono le porte dello stabilimento inizia un percorso per i sensi, tutti a vario titolo coinvolti. La prima cosa che arriva è il rumore ininterrotto delle linee di produzione, quel lavorio alacre che non si ferma mai durante il giorno, sei giorni su sette, ma se serve anche sette su sette. La presenza umana è discreta, gli operai fanno soprattutto lavoro di controllo, che qui è maniacale: non una sbavatura di cioccolato, non una crepa nel waffel, non una sola nocciola rotta può finire nel Ferrero Rocher, "perchè tutti i consumatori devono avere la stessa identica qualità" ci raccontano dalle linee di produzione. L'organizzazione è lo specchio di questa specie di "ossessione" per la qualità: gli operai, molte donne, lavorano su tre turni e al cambio turno, ci fanno notare, "c'è sempre il doppio della forza lavoro necessaria perchè le macchine sono precise ma l'occhio umano vede".
Man mano che ci si avvicina alle linee di produzione, si riconoscono prodotti consumati chissà quante volte, ma quello che arriva, prima delle immagini, è il profumo. Le nocciole tostate e il cioccolato assediano le narici e la salivazione aumenta, soprattutto quando ci si avvicina alla linea del Ferrero Rocher.
Per Ferrero, la pralina nata nel 1982, è un fiore all'occhiello, un'opera di ingegneria del gusto. Quel wafer a semisfera croccante e sottile come un'ostia fu un brevetto dell'azienda di Alba. C'è poi la selezione delle nocciole, solo quelle di un calibro compreso tra i 12,5 e i 13,5 millimetri finiscono all'interno della pralina; quelle ridotte a granella, invece, la avvolgono insieme a due veli di cioccolato garantendone la fragranza. Un'ora e mezza di lavorazione per otto diverse fasi lungo una linea di produzione di 200 metri che ne sforna ogni giorno 4 milioni. Per apprezzare al meglio il cioccolatino del maggiordomo Ambrogio, però, bisogna attendere 48 ore e prima di allora non lascia l'azienda. C'è tanto saper fare anche dietro un prodotto più recente, il Nutella B-ready, due cialde di pasta a lievitazione naturale ripieni di briciole di pane e crema spalmabile. Ad Alba se ne producono 3 milioni di pezzi al giorno sotto l'occhio attento di circa 300 operai.
Ma la vera sublimazione per le papille arriva quando davanti agli occhi si palesa una gigantesca macchina rotante che dosa, senza soluzione di continuità, la Nutella nei vasetti di vetro: precisa e metodica, lascia quel ciuffo di crema alla nocciola su ogni confezione prima che venga sigillato. Siamo su uno dei due piani della produzione della crema spalmabile, una linea che occupa 15 mila metri quadrati e impiega 200 persone. Qui ogni giorno si preparano due milioni di pezzi, dai 15 grammi ai tre chili.
Quando provi a chiedere cosa conti più di tutto, chiunque, dal responsabile di produzione all'operaio, risponde la qualità. Del resto "La qualità è la forma più pura di rispetto nei confronti del consumatore", era il motto di Michele Ferrero. E ad Alba la fanno e la raccontano bene. Nello storytelling (direbbero i più edotti) di come tutto ha inizio, c'è la qualità delle materie prime. A partire dalle nocciole. I numeri sono da capogiro: ogni anno Ferrero usa un terzo della produzione mondiale di questo frutto ed è il più grande produttore al mondo. La selezione è rigida: conta la forma, il calibro, e persino la pelabilità, solo per citare alcuni dei parametri. La filosofia che si segue ancora oggi è quella del "sacco conosciuto", il sacco di nocciole che si acquistava dal contadino delle Langhe di cui si sapeva tutto e che oggi contiene le storie dei contadini turchi, cileni, serbi. Il sacco conosciuto non è altro che una politica di tracciabilità del prodotto fin dalla sua origine.
Nello storytelling della qualità c'è poi il latte, lo zucchero, il cacao, con le 120 mila tonnellate acquistate ogni anno che arrivano dalla Costa d'Avorio, dal Ghana, dalla Nigeria e dall'Ecuador, e che entro il 2020 - questo è l'impegno - sarà tutto certificato sostenibile. E poi l'olio di palma, il grasso più usato nell'industria alimentare finito spesso al centro di polemiche. Ferrero lo ha pubblicamente ammesso: continueremo a usarlo adottando politiche che garantiscono la qualità del prodotto e la sostenibilità ambientale e sociale per chi lo produce.
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