CHI L’HA VISTO
Riccardo Giuliani: falso allarme
Il padre Gianni: «Dai test sull’auto attendo la verità»

Un barlume di speranza che però è durato poco. Anche a detta della famiglia, quel ragazzo avvistato su una panchina in Svizzera sembrava proprio Riccardo Giuliani, il 35enne scomparso da Busto Arsizio nella notte tra il 24 e il 25 aprile. Del suo caso è tornata a parlare la trasmissione «Chi l’ha Visto?», con un altro lungo servizio andato in onda su Rai 3 mercoledì 2 giugno in prima serata.
L’inviata Emily De Cesare è andata in Svizzera per verificare la segnalazione, compiendo il viaggio in auto dal Comasco, dov’è stata ritrovata la macchina di Riccardo, per sperimentare gli scenari possibili quando si oltrepassa il confine.
Il giovane bustocco ha lasciato i documenti nella vettura e questo era il primo dubbio del padre Gianni: come ha fatto ad andare all’estero senza la carta d’identità? L’inviata però è riuscita ad arrivare a destinazione senza nessun controllo di polizia: dopo quattro ore di viaggio è arrivata a Oberurnen, nel Canton Glarus, dove ha incontrato Domenico e Antonia, la coppia che ha scattato la foto al ragazzo sulla panchina.
«Quando l’ho visto - ha detto la signora - mi è venuto un tonfo al cuore». Intorno hanno trovato anche i segni di un piccolo falò, che di solito non ci sono, visto che è pericoloso e a poche centinaia di metri c’è un’area attrezzata dove è consentito accendere fuochi.
Nessuno sembrava averlo visto, ma non conoscevano neppure il ragazzo della foto. Si è pensato che un camionista gli avrebbe potuto dare un passaggio. Interpellando una ditta di trasporti che fa la spola con l’Italia hanno risposto: «A noi nessuno ha chiesto nulla, ma se vediamo qualcosa vi avviseremo sicuramente».
L’altra opzione è che Riccardo abbia preso un mezzo pubblico; alla stazione di Zurigo hanno spiegato che da Como c’è un treno che arriva fino a Zurigo e dove si può viaggiare anche senza documenti.
Nessuna traccia è arrivata neanche nei centri di accoglienza e si esclude anche che sia ricoverato in qualche ospedale.
Purtroppo il giorno dopo è arrivato un videomessaggio da Antonia: «Ho rivisto il giovane sulla panchina, ho chiamato la polizia e hanno fatto le verifiche. Mi dispiace, purtroppo non era Riccardo». Bisogna ricominciare tutto da capo, ma il padre Gianni attende con ansia i rilievi sull’auto: «Devono esaminare le impronte, quante persone ci sono salite, capire chi ci fosse davvero alla guida».
Le domande sono tante, tutte senza risposte. «Usciva solo al venerdì sera, cenava e poi andava da qualche amico - racconta Gianni - ma tornava sempre prima del coprifuoco, non faceva cose eclatanti. Il fatto che non si sia fermato alle 2.30 al posto di blocco può essere causato dalla paura di essere inseguito e arrestato. È una supposizione che faccio io».
Sono passati già 38 giorni senza notizie e forse Riccardo ha chiesto aiuto a qualcuno. Il 29 maggio doveva sposarsi, la prova al ristorante era fissata il giorno dopo la scomparsa. «Io ci metto tutto me stesso per cercare di andare avanti - dice il papà - cerco di non mollare, perché la vita non deve finire mai».
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