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Sanità pubblica sotto pressione tra carenze e sfide
Nel 2024 la spesa pubblica si è attestata al 6,3% del Pil, sotto la media Ue. Boom di rinunce alle cure, liste d’attesa record e fondi Pnrr poco sfruttati

Il Sistema sanitario nazionale è oggi una struttura vasta e complessa, la cui tenuta si sta indebolendo sotto il peso di scelte rinviate, fondi inadeguati e trasformazioni demografiche profonde. Nel 2024 la spesa sanitaria pubblica si è attestata a 138 miliardi di euro, pari al 6,3% del Prodotto interno lordo, un livello inferiore rispetto alla media europea e molto lontano da Paesi come Francia e Germania che superano il 9%. Questo sottofinanziamento cronico ha inciso sulla qualità e sulla capillarità dei servizi, con un aumento costante della spesa sanitaria privata che ha raggiunto i 45 miliardi di euro, circa il 26% della spesa sanitaria complessiva, evidenziando una progressiva erosione del principio di universalismo.
Le prestazioni rinviate, i pronto soccorso congestionati, l’accesso diseguale ai servizi tra Nord e Sud sono solo alcuni dei sintomi di un sistema che non riesce più a garantire la stessa sanità a tutti. Secondo i dati Gimbe, nel solo 2023, 4,5 milioni di italiani hanno rinunciato alle cure, 2,5 milioni dei quali per motivi economici: un fenomeno che non riguarda più solo le fasce deboli ma si allarga anche al ceto medio. Le liste d’attesa rappresentano uno dei nodi irrisolti più gravi, con oltre 120 giorni di media per una visita specialistica in molte realtà regionali, e un incremento del ricorso al privato che nel 2024 ha coinvolto il 42% dei cittadini per almeno una prestazione. In parallelo, l’invecchiamento della popolazione italiana impone un salto di paradigma, perché oltre il 24% dei cittadini ha più di 65 anni e oltre 14 milioni convivono con almeno una patologia cronica, numeri che ridisegnano la domanda di cure e rendono insostenibile il vecchio modello ospedalocentrico.
I fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati alla sanità ammontano a 15,6 miliardi di euro, ma il loro impatto è ancora limitato da ritardi nell’attuazione, burocrazia e una governance poco uniforme tra Stato e Regioni. L’Italia dispone di una rete di assistenza territoriale che, sulla carta, dovrebbe essere rafforzata da Case e Ospedali di comunità, ma a oggi solo il 21% delle strutture previste è in funzione. Il problema non è solo economico, ma organizzativo e culturale. La digitalizzazione procede a macchia di leopardo, il Fascicolo sanitario elettronico non è ancora operativo in modo uniforme e la telemedicina rimane marginale.
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