IL PROCESSO
«La Taroni come la Franzoni»
La difesa dell’ex infermiera attacca lo psichiatra, lo stesso del caso Cogne. Venerdì la sentenza

In prima battuta: assolvere Laura Taroni perché «è un processo indiziario» e «non ci sono prove che abbia ucciso la madre e il marito».
Nel caso la si ritenesse invece colpevole, «Non potete non tenere conto dell’esistenza di un’evidente disarmonia e disfunzionalità che introducono un ragionevole dubbio sull’esistenza di un disturbo della personalità grave che ha finito per minare la capacità d’intendere e volere all’epoca dei fatti».
Si è protratta per oltre due ore e mezza la strenua difesa dell’ex infermiera dell’ospedale di Saronno da parte degli avvocati Monica Alberti e Cataldo Intrieri, il giorno dopo la richiesta di condanna a 30 anni del sostituto procuratore generale Annunziata Ciaravolo.
E ha provato a smontare le conclusioni del perito che riconobbe ad Annamaria Franzoni (delitto di Cogne) la semi infermità negandola invece a lei nell’ennesima udienza del processo d’appello bis, ricelebrato a seguito dell’annullamento con rinvio da parte della Cassazione della precedente sentenza di secondo grado.
La morte di Massimo Guerra?
«In questo caso si è andati per deduzione: se in due precedenti occasioni Laura Taroni ha somministrato di nascosto dei farmaci al marito, a sua insaputa, allora ha fatto lo stesso quando è morto.
Ma non si può condannare su indizi o deduzioni», ha argomentato l’avvocato Alberti, chiedendo in alternativa all’assoluzione la derubricazione da omicidio volontario a preterintenzionale.
Capitolo morte di Maria Rita Clerici?
«Se avesse voluto insabbiare l’omicidio della madre non avrebbe fatto decine di telefonate a persone che avrebbero potuto presentarsi a casa sua per vedere che cosa succedesse. Nella sua condotta non ci fu nessuna premeditazione, Laura Taroni di fronte alla madre che stava male era totalmente nel panico e allora qualche ragionevole dubbio lo si può avanzare sull’accaduto e anche sul ruolo del dottor Leonardo Cazzaniga», hanno aggiunto le difese, chiedendo la concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti.
E a proposito dell’ex viceprimario del pronto soccorso Cazzaniga: «Se non fosse stato per il suo famigerato protocollo, avremmo mai sentito parlare di Laura?».
Tuttavia, il vero focus difensivo è stato incentrato sul tentativo di smontare la perizia dello psichiatra forense Franco Freilone incaricato dalla Corte presieduta dal giudice Benedetta De Risi che ha escluso patologie psichiatriche. Una perizia definita «monca, dubbia, non soddisfacente» e «completamente appiattita sulle conclusioni emerse nella perizia del processo di primo grado».
Ancora: «In convegni e in diverse sue pubblicazioni, il professor Freilone ha ritenuto che per valutare la capacità d’intendere e volere sia sempre necessaria la somministrazione di test psichiatrici e in questo caso ne ha stranamente voluto fare a meno. Ci chiediamo poi come mai lo stesso perito abbia optato per la seminfermità psichiatrica per Annamaria Franzoni e sia invece convinto della totale capacità di Laura Taroni. Tuttavia, a entrambe ha diagnosticato lo stesso disturbo di personalità isterica con tratti dissociativi. Altro che lucida assassina».
Domani, venerdì 12 aprile, è attesa la sentenza.
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