LO SCENARIO
Spendiamo più per i cani che per i neonati
L’analisi di Giulia Tomaselli (Teha) sui trend del commercio. In Italia spesi tre miliardi per gli animali domestici, solo uno per la prima infanzia

Spendiamo più per gli animali o per i bambini? Secondo Giulia Tomaselli, consulente Teha specializzata in food retail, il divario è tanto netto quanto clamoroso: in Italia, per i neonati si spende tre volte in meno che per gli amici a quattro zampe. Il confronto è provocatorio, ma non per questo inefficace nel contesto dell’analisi condotta da Tomaselli: uno sguardo lucido e obiettivo sulle sfide che la vendita al dettaglio (retail) si trova oggi a fronteggiare su scala nazionale, tenendo sempre a mente che «il commercio è lo specchio della società», sostiene l’esperta, ospite dell’EconomiX Workshop di Prealpina dello scorso 26 settembre.
Punto di partenza imprescindibile, secondo Tomaselli, è il contesto macroeconomico: un’Italia che, dopo due decenni di stagnazione, registra nel post-pandemia una crescita cumulata del Pil del 15%, superiore alla media europea, e un incremento occupazionale che porta al livello record del 63%. Numeri che restituiscono un quadro di fiducia: le rilevazioni raccolte al Forum di Cernobbio, a inizio settembre, vedono il 65% delle imprese prevedere una crescita del proprio fatturato, con un 30% di ottimisti su risultati addirittura a doppia cifra. Questo lo sguardo di chi vende, certo, ma cosa dicono i dati su chi acquista?
Se il 60% del Pil origina da consumi alimentari e non, la stagnazione ventennale dei consumi reali, aggravata da salari fissi o in calo, costringe a leggere il fenomeno con sguardo differenziato: le famiglie meno abbienti spendono un quarto in più del proprio reddito in consumi incomprimibili rispetto a quelle ricche, che riservano invece il 46% delle proprie risorse a spese non indispensabili. Di qui l’importanza di un retail capace di moltiplicare le proprie risposte, adattandosi a platee di consumatori eterogenee.
Sul lungo periodo, il vero spartiacque è demografico: gli scenari Istat parlano di una contrazione numerica e di un invecchiamento diffuso, con picchi quantitativi di cittadini over 80 e over 90. Il calo demografico «verrà parzialmente compensato dall’arrivo di nuovi residenti di origine straniera», spiega Tomaselli, ma «la tendenza resta quella di una popolazione che diminuisce e allo stesso tempo invecchia». E a mutare saranno anche le priorità di spesa: è emblematico che gli italiani, oggi, destinino oltre tre miliardi all’anno a beni per animali domestici, e meno di un miliardo per la prima infanzia. Ma accanto ai trend socio-economici, Tomaselli individua la digitalizzazione come fattore ineludibile. L’e-commerce e le piattaforme social hanno rivoluzionato il cosiddetto “customer journey”, trasformando l’acquisto in esperienza ibrida, sospesa tra negozio concreto e spazio online. Il futuro del commercio, allora, appare vincolato a una duplice prossimità: fisica e territoriale da un lato, digitale e valoriale dall’altro. Una omnicanalità che sarà sempre più determinante per la competitività della singola impresa. Così come sarà cruciale la capacità di richiamare e trattenere capitale umano in un settore che, per caratteristiche strutturali, fatica a proporsi come attrattivo: il digitale, in questo senso, può rivelarsi la leva non solo per fidelizzare il cliente, ma anche per rendere il lavoro nel retail più attrattivo alle nuove generazioni.
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