IL CASO
Varese, a 11 anni in casa famiglia: «Perché tanto dolore?»
L’appello di una mamma disperata. Verifiche di una deputata
C’è un bambino di 11 anni in una casa famiglia da ottobre. «Strappato come un capretto dalla mamma e buttato su un furgone»: così descrive la madre il momento in cui il figlio, all’epoca di 10 anni, è stato preso e portato in una comunità.
Una mamma comprensibilmente distrutta dal dolore, che si è battuta per riavere il bambino anche con sit-in e appelli pubblici.
Il provvedimento preso a tutela del minore è molto severo. La mamma lo ha abbracciato l’ultima volta l’11 maggio, dopo 8 mesi di sole videochiamate (una al mese). Sorelle, fratelli e altri congiunti non lo hanno più visto da ottobre, hanno potuto parlargli al telefono solo a Pasqua per 10 minuti. «Mio figlio non sta bene, soffre, non può più vedere i suoi amici, cosa ha fatto per subire tutto questo?» si domanda la mamma.
IL CASO IN PARLAMENTO
Sul caso, in particolare sulle modalità esecutive del provvedimento di allontanamento del minore, si sta interessando il deputato Veronica Giannone, segretario della Commissione per la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza. «Dall’inizio di questa legislatura tento con tutte le mie forze di tutelare i bambini spesso allontanati dalle famiglie per motivazioni inerenti all’alienazione parentale, definita tale ogni qual volta un bambino esterna un rifiuto nei riguardi dell’altro genitore – spiega Giannone - Questi bambini spesso finiscono per essere inseriti in strutture residenziali, più conosciute come case famiglia, ma che di familiare a mio parere non hanno nulla».
SOFFERENZA INAUDITA
Per quanto riguarda il caso specifico denunciato dalla madre residente a Varese, caso che ha avuto luogo in un comune della Provincia, la parlamentare afferma: «È una vicenda che grida vendetta per la sofferenza causata alla mamma e al bambino, soprattutto per quanto riguarda le azioni compiute dai diversi attori di questa vicenda, che non rispondono assolutamente alla tutela dell’interesse supremo del minore».
INTERESSE DEL MINORE
Sui provvedimenti di allontanamento di minori, interviene Alessandra Brumana dello Studio Legale “Bulgheroni e Brumana avvocati associati” e referente territoriale per Ondif (Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia): «Bisogna valutare caso per caso. Non ci sono vittime e carnefici, ma situazioni delicate, in cui sono tanti gli attori coinvolti (insegnanti, medici, psicologi, assistenti sociali e altri). A volte i provvedimenti dell’Autorità sono molto restrittivi, ma vengono presi sempre con l’obiettivo di tutelare l’interesse del minore, mai per arrecargli un danno. Spesso i provvedimenti di tutela vengono presi anche per i genitori, a cui può essere offerta la possibilità di accompagnare e stare con i figli in casa famiglia. In alcuni casi il giudice ritiene di dover allontanare il minore prima che si consumi un dramma. Quando, cioè, ravvisa comportamenti che ritiene pregiudizievoli, e sono spesso questi i provvedimenti che vengono giudicati più ingiusti». «Teniamo presente – continua Brumana - che il minore ha diritto di mantenere rapporti stabili e continuativi con i genitori, salvo che ciò arrechi al minore stesso un grave pregiudizio. Detto questo può capitare che venga presa una decisione che si reputa sbagliata, e sta alla preparazione dell’avvocato nell’ambito del diritto di famiglia riavvicinare i genitori alle istituzioni, e quindi ai figli».
Difficile capire dove stia il giusto di fronte al dolore di una madre, alle battaglie di un deputato e ai cavilli della legge. Ma non perdiamo di vista che c’è un bambino in una casa famiglia, da ottobre, ed è a lui che si devono risposte.
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