L’ANALISI
Varese, cedro abbattuto. «Scelta giusta»
La valutazione dell’agronomo Riva sul caso che ha suscitato dibattito. «In presenza di rischio la pianta va tolta»

Il caso del cedro abbattuto in viale Aguggiari ha suscitato dibattito in città. Il Comune di Varese ha precisato che il sacrificio era necessario: la pianta era malata. Ma sono rimaste perplessità. Sulla questione interviene l’agronomo varesino Luciano Riva, esperto del settore e divulgatore attraverso riviste specializzate. «In merito alla pianta di Cedro di viale Aguggiari è bene precisare alcuni aspetti, visto che la salvaguardia delle piante arboree in ambito urbano è argomento molto sentito dai cittadini. Le piante arboree sono esseri viventi, care agli umani in virtù di tutti i servizi che sono in grado di svolgere a beneficio delle persone. Le tre specie di Cedro esistenti in Italia (Cedrus atlantica, Cedrus deodara, Cedrus libani) hanno vita breve, normalmente il ciclo di vita in ambito urbano si attesta attorno ai 150 anni. Con eccezione di Cedrus atlantica (non la varietà Glauca) che ha una vita media più lunga, attorno ai 200 anni» è la premessa dio Riva.
«Le piante monumentali di Cedro della zona di Varese sono state messe a dimora alla fine del 1900 e nel periodo liberty. Fisiologicamente sono piante che si trovano alla fine della fase adulta e stanno entrando nella fase senescente, con diminuzione dell’altezza, aumento delle parti disseccate, aumento delle malattie della fase adulta (carie del legno), diminuzione della crescita e della vigoria, diminuzione della fioritura. Il Cedro di viale Aguggiari si trovava al termine della fase adulta (si parla di fasi ontologiche degli alberi, intendendo con ciò lo stadio vitale al quale si trova un albero, indipendentemente dall’età)».
«In termini di piante arboree ed in generale di organismi viventi occorre fare dei distinguo, cioè contestualizzare - prosegue l’agronomo -. Non sono valide regole generali che valgono per tutte le situazioni. Ad esempio un conto è parlare di una pianta di Cipresso di 150 anni (la vita media del Cipresso è di 1000 anni), altro caso è parlare di una pianta di Cedro della stessa età (la vita media del Cedro in ambito urbano è 150 anni), oppure di una pianta di Robinia (la cui vita media è 60-70 anni). Occorre poi contestualizzare anche per ciò che riguarda le condizioni del singolo albero, il suo stato di salute, il luogo nel quale si trova, lo stato del rischio».
«Nel campo dei vegetali - aggiunge Riva - sono presenti malattie molto gravi che inficiano la salute degli alberi oppure che ne mettono a rischio la stabilità. I non addetti ai lavori non hanno capacità di contestualizzazione, normalmente si assiste a semplificazioni, dovute a scarsa conoscenza, che portano a scelte errate e non specifiche. L’eccesso di semplificazione, dovuta a mancate conoscenze, porta a posizioni estreme, o salvare tutte le piante o toglierle tutte. Vale a dire o estrema salvaguardia, inutile in alcuni casi, oppure nessuna salvaguardia con scarse cure al patrimonio arboreo».
«Nel campo delle piante arboree - prosegue Riva - i privati sono preoccupati da alcuni fattori, pressoché emotivi, quali: altezza, inclinazione, incombenza sui manufatti, grandi dimensioni, sbilanciamento della chioma. Questi fattori non hanno nulla a che vedere con la stabilità degli alberi, che invece dipende da altri fattori: malattie dei tessuti legnosi, difetti strutturali di fusto e radici, lavori dell’uomo (ricarichi di suolo, potature mal eseguite, tagli di radici), distanze di impianto molto ridotte, tipo di specie, cause non parassitarie (fulmini). In alcuni casi gli slogan sono pronunciati dagli addetti ai lavori, ed è un brutto segno. In epoca di campagna elettorale potrebbe significare che si vuole cercare il consenso su un tema (la salvaguardia delle piante arboree in ambito urbano) sensibile per la popolazione e sufficiente a costruire una campagna elettorale. In realtà i professionisti che lavorano con esseri viventi dovrebbero essere più sobri, meno interessati al consenso, contestualizzando gli interventi e le considerazioni, ogni caso fa a sè, più portati a diffondere vere conoscenze circa le piante arboree. Dal punto di vista dei privati o dei non addetti ai lavori cercare una fonte di informazione autorevole e sopra le parti, per approfondire le problematiche del verde urbano.
«Da parte degli addetti ai lavori servirebbe più comunicazione autorevole, da parte dei privati maggiore interesse ad approfondire, anche accettando risultati non graditi. Il Cedro di viale Aguggiari è stato messo a dimora su proprietà privata, benché in piazzale aperto al pubblico quale posteggio di attività commerciali. Com’è in uso sono state eseguite indagini strumentali per approfondire lo stato di salute e lo stato di rischio dell’albero. Il tecnico incaricato ha eseguito una tomografia dalla quale si evince che il cedro aveva una carie del legno alla base (con degradazioni dei tessuti legnosi di sostegno), malattia abbastanza comune per piante di Cedro di quell’età. La prova principe per valutare la stabilità di un albero in posteggi con probabili danni alleradici è il pulling test. La prova è costosa, viene eseguita su richiesta del proprietario quando si sospettano danni radicali, con misura del rischio alla caduta per ribaltamento della zolla.
«Il Comune ed il tecnico hanno ritenuto sufficiente l’indagine tomografica, e ritenuto insufficiente il grado di sicurezza dell’albero - spiega Riva -. Il tecnico ha valutato che ci fosse un rischio di rottura del tronco alla base, in area altamente frequentata, anche da bambini in presenza di un negozio di giocattoli. In questi casi la soglia di cura si abbassa, cioè anche in caso di rischio non elevatissimo la pianta viene tolta e sostituita. L’albero, come da normativa (semplificazione paesaggistica del marzo 2017) verrà sostituito. Le piante di Cedro in ambito urbano, vista la loro diffusione e le particolarità della specie, meriterebbero un regolamento a sè. La specie è soggetta a rottura di rami, anche sani, a malattie degli apparati radicali, necessita di potature periodiche (3-4 anni) con diradamento della chioma per diminuire il rischio di cedimento dei rami, raggiunge dimensioni spesso non compatibili con quelle delle aree a verde dove viene piantato, le radici hanno bisogno di notevole spazio, serve un’area di almeno 20x20 metri per ogni pianta, altrimenti l’albero può diventare costoso e pericoloso».
«Nel caso del Cedro di viale Aguggiari intervento normale per piante adulte di Cedro, con rischio di cedimento crescente nel tempo, rischio di rottura dei rami, lavori di pavimentazione e impermeabilizzazione che hanno influito sullo stato delle radici. In ottica di visione futura, tenendo presente come si comportano i Cedri in età adulta, tenendo conto dell’evolversi della malattia, la pianta andava tolta e sostituita. L’intervento nel suo complesso è regolare e conforme alle più recenti conoscenze in arboricoltura» è la valutazione dell’agronomo Riva.
Che conclude: «È finita qui? Per nulla, la gestione delle piante arboree in ambito urbano è tutt’altro che semplice e merita studi ed approfondimenti, soprattutto da parte di quelle persone più sensibili nei confronti degli esseri viventi che, spesso loro malgrado, si trovano a dover trascorrere la loro esistenza di fianco a quella degli umani».
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