IL PERSONAGGIO
«In tv dal mio armadio»
Giancarlo Ratti racconta la miniserie Doc con Luca Argentero

«Abbiamo girato a Roma ma l’ultima parola l’ha avuta Varese». A rivelarlo è Giancarlo Ratti, presente nel cast di “Doc. Nelle tue mani”, miniserie - questa sera va in onda la seconda puntata - di Rai 1, seguita al debutto da più di 7 milioni di telespettatori.
Davvero Varese c’entra qualcosa?
«Sì, anche se non figura tra i titoli di coda. È molto semplice: spesso, quando, a distanza di qualche giorno dalle riprese, il regista rivede il materiale girato, pensa che qualche parola o qualche battuta debba essere cambiata. Non perché l’attore in presa diretta abbia sbagliato ma perché suona meglio diversamente. In genere si risolve andando al doppiaggio ma, quando mi hanno chiamato dalla Lux Vide, ero già, come tutti, recluso in casa per le misure contro il coronavirus. Avendo lasciato la capitale per stare con la famiglia, la nuova frase l’ho così pronunciata dalla casa di Varese anzi, seguendo le istruzioni per ottenere un effetto particolare, l’ho dettata a un’app del telefonino mettendomi nell’armadio».
Qual è il suo ruolo?
«Sono il primario di Medicina Interna con tanto di camice, cravatta, capelli in ordine, elegante come non mai, e un problema grande da risolvere in sala operatoria. Passerò poi il testimone ad Andrea Fanti, personaggio chiave della serie, interpretato da Luca Argentero che, posso assicurare per averlo visto in azione, è professionista esemplare nonché persona squisita. Bel clima quello sul set di Formello, sì dove si allena la Lazio, un po’ meno la temperatura, quasi glaciale. Del resto sono abituato, le scene estive si girano d’inverno».
A riposo forzato come tutti ma lei in questi giorni sarebbe dovuto essere in scena.
«Già e comunque vicino a casa perché proprio il 2 aprile al Sociale di Luino era prevista una tappa di “Mi amavi ancora...”, testo teatrale di Florian Zeller che stavo portando in giro per l’Italia con Ettore Bassi e Simona Cavallari. Spero si riparta tutti presto».
È almeno riuscito a rivedersi nel film su Ligabue?
«Giusto all’ultimo spettacolo utile, con l’obbligo di una poltrona vuota accanto a ogni spettatore, al Nuovo Cinema Aquila di Roma, realtà importante per i film d’autore italiani che spesso ospita anteprime e incontri. “Volevo nascondermi” è bellissimo, merito della storia, del regista Giorgio Diritti e di uno straordinario Elio Germano. Immagino che, essendo anche stato premiato al Festival di Berlino, venga riproposto non appena riaprono le sale. In uscita, forse il 30 aprile, c’è anche una commedia, “D.N.A. (Decisamente Non Adatti)”, in cui sono diretto da Lillo e Greg».
In attesa di tempi migliori, anche lei trascorre le giornate tra le mura domestiche. In che modo?
«Cercando, come tutti, di ridimensionare per quanto possibile paure e preoccupazioni informandomi e facendo la mia parte rispettando le regole. Per lavoro sono prevalentemente a Roma o in tour e non riesco a tornare tutte le volte che vorrei, dunque essere costretto a stare per un po’ in famiglia, anche se preferirei farlo per altri motivi, ha degli aspetti positivi. Ho scoperto RaiPlay, leggo e, soprattutto, gioco molto: di pomeriggio sfido a ping pong, con scarse possibilità di successo, il secondogenito, Giacomo, sedicenne, di sera si va di scopa d’assi, lui e Tommaso, il maggiore, contro me e mia moglie Michela. E qui la partita è più aperta».
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