IN TRIBUNALE
Varese, La Quiete: un crac da 13 milioni
Undici anni dopo i Polita davanti al gup. E Sandro vuole patteggiare

La tempesta giudiziaria, con le prime venti perquisizioni, iniziò nel lontano aprile 2011. Quando la Guardia di Finanza si occupò per la prima volta, in modo “visibile”, del gruppo varesino guidato dai fratelli Sandro e Antonello Polita, che aveva fatto fortuna con le costruzioni e che da qualche anno era anche proprietario della storica clinica La Quiete e dell’albergo di Capolago, realizzato per i Mondiali di ciclismo del 2008 (oggi di nuovo di proprietà della famiglia, mentre la clinica, passata di mano, resta in stato di abbandono). Poi ci fu un primo tentativo di portare a processo i due Polita con altri nove soggetti per le bancarotte fraudolente di diverse società del gruppo, tra 2016 e 2017, tentativo fallito perché il Tribunale rimandò quasi subito gli atti in Procura dopo aver ravvisato nelle indagini preliminari «plurime irregolarità», tali da determinare «una gravissima, concreta e perdurante violazione dei diritti di difesa di tutti gli imputati».
IL CASO QUIETE TORNA IN AULA
E infine, dopo cinque anni di bonaccia, ecco la novità di questi giorni: il caso Quiete è tornato in aula, per una nuova udienza preliminare davanti al gup Alessandro Chionna. Dopo più di dieci anni, naturalmente il processo è “dimagrito” a causa della prescrizione di tanti reati. Se nel 2017 i capi d’imputazione erano 25 (bancarotte fraudolente, reati fiscali, truffe aggravate ai danni dello Stato, falsi in scritture, calunnie, tentate estorsioni, corruzione di pubblico ufficiale, mendacio bancario) e gli imputati appunto undici, oggi davanti al gup ci sono cinque persone che devono rispondere di tre capi d’imputazione e in sostanza di diverse bancarotte fraudolente: di società della galassia Quiete e della capofila del gruppo Ansafin Spa. Con la determinazione da parte del pm Luca Petrucci di uno stato passivo totale pari a oltre 40 milioni di euro, con un “buco” di 13 per quanto riguarda La Quiete.
RINVIO AL 13 DICEMBRE
L’altro giorno l’udienza preliminare è iniziata ed è stata subito rinviata al 13 dicembre per problemi nelle notifiche, comprensibili dopo cinque di “sonno” del fascicolo. Ma in aula si è già parlato di un possibile patteggiamento dell’imputato principale, Sandro Polita, difeso dall’avvocato milanese Ivano Chiesa, che negli ultimi dieci anni ha sempre contestato la legittimità di un’indagine vissuta come un complotto ai suoi danni.
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