L’OPERAZIONE
Varese, tamponi taroccati: undici indagati
Due infermieri accusati di aver modificato l’esito per il rilascio di green pass

Nel pieno dell’emergenza covid, con il numero di contagi alle stelle e parecchie limitazioni ancora in vigore, avrebbero escogitato uno stratagemma: falsificare l’esito dei tamponi rapidi e fare in modo che, nel giro di una settimana, i “clienti” potessero poi ottenere il green pass di guarigione e non doversi più sottoporre a tamponi quotidiani per andare al lavoro o recarsi in luoghi pubblici. Il tutto ovviamente dietro lauto compenso: 500 euro a tampone. Il trucchetto però è stato scoperto dagli investigatori della Questura di Varese e, al termine di un lavoro paziente e certosino, undici persone sono state indagate. Tra loro, anche due infermieri – uno dei quali già sospeso dall’Ordine professionale per aver rifiutato il vaccino - accusati di aver materialmente pilotato e certificato l’esito delle analisi compiute in un gazebo all’esterno di una farmacia. Il numero esatto di tamponi taroccati non è stato ancora quantificato con precisione.
L’INDAGINE
In base alla prima ricostruzione, ancora in attesa di conferma ufficiale, tutto è cominciato nel gennaio scorso, quando i poliziotti della Squadra Mobile, nell’ambito di un’indagine sullo spaccio di droga, si sono imbattuti in due soggetti che avevano ottenuto un falso tampone positivo recandosi in una farmacia dell’Alto Varesotto (estranea alla vicenda), tra il capoluogo e il lago di Lugano, a fronte del pagamento di 500 euro. Da qui, tassello dopo tassello, gli investigatori della Polizia di Stato hanno ricostruito un intricato mosaico di presunte irregolarità, fatto di gruppi no vax, “mazzette” e una fitta rete di contatti. In sostanza, un uomo faceva da intermediario e prendeva contatti con negazionisti di varie zone, dal Piemonte fino all’Altomilanese, proponendo loro di ottenere il green pass con questa modalità illegale, in cambio della somma pattuita. Chi accettava, veniva invitato a recarsi presso la farmacia del Varesotto, dunque a parecchi chilometri da casa, all’esterno della quale era stato allestito un piccolo punto tamponi. Qui, facendosi riconoscere secondo modalità concordate, gli infermieri conniventi effettuavano il test e, benché fosse negativo, ne certificavano la positività, facendo quindi partire le procedure di isolamento previste da Ats. Al termine dei giorni previsti, il cliente poteva recarsi in qualunque farmacia della sua zona, sottoporsi al tampone che dava ovviamente esito negativo e a quel punto l’utente otteneva il prezioso green pass di avvenuta guarigione. Un meccanismo tanto semplice quanto astuto, che – secondo le contestazioni – avrebbe permesso a molte persone di eludere il meccanismo sanitario.
FARMACIA ESTRANEA ALLA VICENDA
A insospettire gli inquirenti è stato proprio il fatto che così tante persone si recavano lontano da casa, in un paesino della provincia di Varese, per sottoporsi a un tampone che puntualmente dava esito positivo. Da qui sono partite svariate perquisizioni, che avrebbero consentito agli inquirenti di trovare riscontri ai sospetti e appurare al tempo stesso che i titolari della farmacia erano estranei alla vicenda. In tutto, come detto, sono state denunciate undici persone, tra cui l’intermediario e i due infermieri, un uomo e una donna, sulla cinquantina, residenti in provincia, ora accusati di corruzione e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale.
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