IL CASO
Varese, «vittima del mio ex: addio Italia»
Il racconto di una donna disperata: «Lo Stato non mi tutela, penso alla fuga»
«In dieci anni ho ottenuto sette sentenze a me favorevoli e sporto decine e decine di denunce. Eppure non mi sono mai sentita così minacciata come in questi giorni. Io credo di avere tutte le ragioni del mondo, i giudici mi hanno sempre dato ragione. Ma lo Stato non mi tutela, sto pensando che l’unica soluzione sia lasciare questo Paese. Fossi da sola, sarei già andata a lavorare in Svizzera, dove come operatrice sanitaria prenderei uno stipendio molto più alto. Ma devo pensare ai bambini. Come faccio a portarli via dalle loro scuole e dai loro amici? Ma al tempo stesso, cosa ne sarà di loro se un giorno dovesse capitarmi qualcosa di brutto? Perché io so che prima o poi mi capiterà qualcosa di brutto: lui diventa sempre più aggressivo, si presenta ogni giorno sotto casa mia per gridarmi insulti o suonare il clacson. Chi mi garantisce che una sera uscendo per buttare la spazzatura non possa trovarmelo davanti, e lui possa farmi del male? Sicuramente non possono garantirmelo polizia e carabinieri, che conoscono bene la mia storia ma non possono fare nulla...».
Ci sono di mezzo quattro ragazzi, tre dei quali ancora minorenni. Quindi per ovvie ragioni in questa ennesima storia di violenze di genere non ci sono né nomi né altre indicazioni che potrebbero contribuire a identificarne i protagonisti. Ma si tratta di storia tutta vera, riassunta nero su bianco dalle sentenze che il Tribunale di Varese e il Tribunale dei Minori di Milano hanno emesso a partire dal 2014.
LA VICENDA
Lei ha 38 anni, lui 48, entrambi sono cittadini italiani. Si erano sposati nel 2005, alla nascita del quarto e ultimo figlio ecco però che iniziano i problemi. «Lui è semplicemente sparito – racconta lei -. Se n’è andato all’estero per sei mesi, ho saputo poi che aveva trovato una nuova compagna. Io sono rimasta da sola per sei mesi con quattro bambini piccoli e una montagna di debiti. Quando è tornato gli ho chiesto la separazione, e lui ha cominciato a diventare violento». Tanto violento che nel 2014 dopo una serie di denunce il Tribunale di Varese emette nei confronti dell’uomo un decreto di allontanamento. «È stato l’unico periodo tranquillo della mia vita – racconta oggi la donna -. La separazione legale è arrivata nel 2015. Visto che trovare un accordo era impossibile, nel 2017 un altro giudice lo condanna poi a pagare 500 euro al mese per contribuire al mantenimento dei figli, che restano con me. Ma lui non paga: io ho sempre fatto l’operatrice sanitaria, guadagno 1.200 euro al mese. In cinque più l’affitto e le spese per gli avvocati è dura».
Lui comunque non ha mai contribuito al mantenimento: «Anche lui lavorava – racconta la donna -. Ma quando il mio avvocato ha chiesto il pignoramento del suo stipendio lui si è licenziato. Siamo andati avanti fino al 2021, quando un terzo giudice ha sentenziato che non avendo nulla non avrebbe mai potuto pagare, liberandolo da ogni obbligo».
L’INTERVENTO DEL TRIBUNALE DEI MINORI
A quel punto l’uomo si rivolge al Tribunale dei Minori di Milano, chiedendo l’affidamento dei figli: il Tribunale non solo non accoglie la sua richiesta, ma lo scorso febbraio arriva a toglierli la potestà genitoriale. Lui per i ragazzi ora è un estraneo. «Questa cosa non la accetterà mai – dice l’ex moglie -, da allora gli incubi si sono moltiplicati. Arriva sotto casa da solo o con la sua nuova compagna, si presenta alle partite dei ragazzi e li insulta davanti a tutti, dicendo che devono lasciarmi per stare con lui. Si presenta a casa quando io sono al lavoro, i ragazzi mi chiamano terrorizzati. Ma io non so cosa fare. Sulla scrivania del maresciallo dei carabinieri c’è ormai un fascicolo alto così, tutte le volte che telefono lui se ne va prima che arrivi la pattuglia. Ai ragazzi dice che tanto a lui i carabinieri non possono fare niente, che nessuno può fargli niente. E io dopo dieci anni comincio a credere che in fondo abbia ragione».
LA CONCLUSIONE
Da qui l’amarissima conclusione: «Io non mi sento sicura, sento che lo Stato in cui ho sempre creduto non riesce a proteggere me e i miei figli. L’unica soluzione forse è davvero quella di andarcene da Varese...».
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