ULTRÀ UCCISO
«Vogliamo giustizia per Dede»
Lettera della famiglia: dopo sette mesi verità ancora da ricostruire

«Abbiamo paura che il tempo che scorre renda difficile ricostruire la verità e confidiamo che da un giorno all’altro arrivino notizie chiare. Abbiamo diritto alla verità». Sono trascorsi ormai sette mesi dalla sera di Santo Stefano in cui l’allora capo della curva biancorossa targata Blood Honour Daniele “Dede” Belardinelli fu investito e ucciso nel corso degli scontri tra ultrà dell’Inter e del Napoli in via Novara a Milano. Sette lunghissimi mesi nel corso dei quali le indagini condotte dagli investigatori della Digos della polizia del capoluogo lombardo, coordinate dal procuratore aggiunto di Milano Letizia Mannella e dai sostituti Rosaria Stagnaro e Michela Bordieri, non hanno ancora permesso di identificare il conducente dell’auto della carovana di supporter napoletani che ha tolto la vita al 39enne piastrellista originario di Morazzone, privandolo dell’amore e dell’affetto della moglie Cristina e dei suoi due figli. Proprio la vedova e i figli hanno fatto avere alla “Prealpina””, tramite uno dei legali, l’avvocato Paolo Bossi, una lettera-appello con la quale si chiede una «ricostruzione chiara della dinamica dell’evento che ha portato alla morte di Daniele».
Una ricostruzione che «non ce lo restituirebbe», ma «potrebbe aiutare a lenire, almeno in parte, il dolore per la sua perdita».
«I suoi sbagli e i suoi errori sono chiari e indiscutibili ed è giusto riconoscerli e non nasconderli. Del resto, credo che fossero chiari anche a lui. Però lui era molte più cose di un ultras. Era un padre presente e affettuoso e un uomo generoso. Come la maggior parte degli esseri umani aveva difetti e virtù. È giusto ricordarlo per tutto, non avendo paura di riconoscere i suoi errori, ma senza che ciò travolga i suoi molti meriti. Gli sbagli per la sua passione per lo stadio li ha pagati, addirittura perdendo la sua vita», si legge nella nota.
Da qui l’appello dei familiari dell’ultrà del Varese (tifoseria storicamente gemellata con l’Inter) a chi indaga, così a coloro che, tra i presenti durante gli scontri, ha preferito la strada del silenzio e dell’omertà: «Sarebbe d’aiuto capire e arrivare alla verità, quale che sia. Sarebbe d’aiuto che chi ha visto ed era lì lo dica, perché ci aiuterebbe a capire esattamente cosa è successo. Il dubbio, il buio e l’incertezza non ci aiutano a chiudere questo capitolo. In realtà, ovviamente il dolore per una persona che dall’oggi al domani non c’è più non finirà mai, ma ora crediamo possa aiutarci un po’ il mettere un punto e chiudere almeno questa fase di vita sospesa».
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