FASE 2
Vetrine accese, il caos è servito
Preoccupazione per la riapertura a tappe e indicazioni ancora poco chiare
C’è chi ha già speso 2.500 euro per mettere plexiglas e fare stampare cartelli. C’è chi si interroga su come si farà a disinfettare gli indumenti provati in negozio, con il vapore sugli abiti nuovi. C’è chi ha dubbi sulle procedure e i rischi del fare provare i vari modelli di scarpe e sulle regole che dovranno essere seguite. E c’è chi, da ieri mattina, lunedì 27 aprile, dopo avere ascoltato domenica il premier Conte dare le tappe in tivù della Fase 2, si è attaccato al telefono e ha chiesto informazioni ai rappresentanti di categoria. Varese e la provincia, quella dei negozi del centro e di quelli sotto casa che finora ancora resistevano, si domandano che cosa accadrà.
«Finché non avremo indicazioni chiare e la Regione Lombardia non si sarà espressa con un decreto, il rischio è di illudersi che si possa tirare su la saracinesca il 4 o il 18 per poi essere delusi - racconta Rosita De Fino, direttore di Confesercenti Varese -. Importante è capire se la Regione emanerà provvedimenti ancora più restrittivi rispetto al decreto di Conte».
Solo che ancora non si sa se la Regione interverrà modificando magari le tappe della riapertura. E così gli imprenditori - come i parrucchieri e e soprattutto i proprietari di esercizi pubblici - che potranno accogliere i clienti dall’1 giugno, fremono. I negozi aprono il 18 maggio; prima, dal 4, si potrà entrare nei locali pubblici ma solo per il take away. In estrema sintesi, questo il cronoprogramma delle riaperture, da lunedì prossimo. La cornice è quella magmatica dell’incertezza ma soprattutto della forte preoccupazione. «Al momento, il primo impatto con le nuove disposizioni è disastroso». Tenore simile per le dichiarazioni di Giorgio Angelucci, presidente Uniascom Confcommercio della provincia di Varese. «Le conseguenze di questa ulteriore proroga del lockdown sulle attività di vendita al dettaglio, su bar e ristoranti, rischiano di provocare danni pesantissimi». Ancora da Confesercenti viene ricordato che il pericolo della riapertura, per la tenuta delle imprese, è che «Nel momento in cui si riapre, il rischio è che gli ammortizzatori economici vengano meno. Camera di Commercio ha messo a disposizione fondi importanti, ma poi che cosa accadrà se il fatturato sarà ridotto di due terzi?», si interroga Rosita De Fino. La speranza è che la battaglia non sia ancora finita. Patrizia De Luise, presidente nazionale di Confesercenti, ha scritto al presidente del Consiglio Conte, sottolineando che si devono «coniugare salute e ripartenza». Il comparto è disposto a «definire protocolli di sicurezza aggiuntivi».
A Varese e nelle sedi territoriali Ascom di Busto, Gallarate, Luino e Saronno, i commercianti vivono «nell’incertezza sul quando e sul come si potrà riaprire - spiega Angelucci - La nostra associazione, in sintonia con la linea di Confcommercio dettata dal presidente nazionale Carlo Sangalli, si muove in tutte le direzioni, per esempio per ottenere una riduzione sui canoni di locazione, e soprattutto porteremo sui tavoli dei comuni, della regione e del governo, la richiesta di sospensione o riduzione delle imposte locali e di aiuti economici immediati a fondo perso».
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