BESTIE DI SATANA
«Avrei ammazzato ancora»: la nuova vita di Andrea Volpe
Sposato con il brasiliano Sebastian, ha pubblicato un libro

Chi lo ha conosciuto bene, inarca il sopracciglio tradendo perplessità: Andrea Volpe è un uomo nuovo. Ha coltivato l’empatia, ha sviluppato l’affettività, la coscienza si è risvegliata. Possibile? Il quarantottenne lo proclama a Repubblica e lo racconta in un libro pubblicato da poco e anticipato da una sapiente emersione dalle tenebre attraverso i social network. L’amore vero l’ha cambiato, ha un marito che lotta tra la vita e la morte (è malato di Aids) e questo labile confine ha spalancato, agli occhi della ex Bestia di Satana, l’esperienza del dolore.
ISTINTO ASSASSINO
«Se non mi avessero preso avrei continuato a uccidere», ha ammesso nell’intervista. Aggiungendo: «Se non avessi incontrato le Bestie di Satana avrei ucciso comunque, non ho dubbi». Sembra quasi compiaciuto, ma poi torna sentimentale: «Non avrei però mai ucciso i miei genitori, se avessi tolto la vita a un mio familiare mi sarei sentito perduto per sempre. Senza una famiglia, un uomo non è più un uomo. Oggi che ho la mia famiglia e sto per perderla, lo so ancora meglio». Andrea Volpe, quando ancora la sua fama di assassino e di pentito non aveva ancora fatto il giro del mondo, era conosciuto come uno sciupafemmine. Nel senso che le faceva innamorare, le manipolava e nei migliori degli epiloghi le trascinava in storie sordide e criminali. Un esempio su tutte, Elisabetta Ballarin: la passione per Volpe, incontrato a soli quattordici anni, le è costata una condanna a ventitré anni. Lei le Bestie non le aveva mai incontrate, anagraficamente sarebbe stato impossibile (aveva dieci anni quando la setta trucidò Fabio Tollis e Chiara Marino) eppure il suo nome resta associato alle loro atrocità. E la trentaquattrenne ne ha fatto a lungo le spese. Per questo oggi vive all’estero, lontana dalle cronache che dopo vent’anni parlano ancora di lei. Vuole l’oblio.
VITTIMA SACRIFICALE
Volpe ammazzò la ex storica fidanzata, Mariangela Pezzotta, a gennaio del 2004 nel villino di Golasecca in cui andò a vivere con Elisabetta. «Il pensiero va a lei ogni giorno», confida il quarantottenne. «Per nove anni avevamo vissuto un attaccamento malato e lei di me e di noi (le Bestie) sapeva tutto. Non la sentivo come una minaccia ma c’era questa ossessione, dalle Bestie non ci si poteva allontanare». La ragazza venne uccisa perché sapeva. «Se devo trovare un senso alla morte di Mariangela, è che è stata il finale di tutto. È servita a fare emergere tutto lo schifo». A marzo del 2018, quando ancora era detenuto a Ferrara, chiese a un compagno di cella un favore da poco: ammazzare, per suo conto, il figlio di un magistrato di sorveglianza di Bologna, il presidente del tribunale e un’educatrice che forse non aveva stilato una relazione favorevole sul suo percorso. «Devi spellarlo vivo e poi ucciderlo», avrebbe indicato al concellino parlando del figlio del giudice. Ma non aveva ancora scoperto l’amore che redime.
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