IL COMPLEANNO
Boldi compie 80 anni: «Sogno un monumento nella mia Luino»
Dopo gli 85 anni di Pozzetto oggi è “Cipollino” a festeggiare

«Sono nato in casa, allora si usava così. Era il 23 luglio 1945, i miei abitavano a Luino, al 29 di via Bernardino Luini. Mi piacerebbe che davanti ci costruissero un monumento, non dico per forza a me, mi basta alla comicità». Questo il desiderio espresso da Massimo Boldi nel giorno del suo ottantesimo compleanno. I primi dieci li ha festeggiati in riva al lago, gli altri, se non in giro per lavoro, nella città d’adozione, Milano. Il rapporto con il luogo di nascita è però sempre rimasto forte tanto che quando nel 2016 il Comune l’ha proclamato Ambasciatore di Luino nel mondo, nessuno si è stupito.
Torna spesso?
«Recentemente l'ho tradita per Laveno Mombello. Ampiamente giustificato perché il motivo era più che valido, andare a fare gli auguri di persona a Renato Pozzetto che il 14 ha compiuto 85 anni. A Luino manco da un po' ma è un caso. Torno con frequenza e quando accade vado a rivedere dove tutto è iniziato, la casa di via Luini ma anche il Sociale. Quello per il cinema è stato un amore precoce, scoperto grazie a Renato Angiolini, che abitava accanto a noi, era titolare di un negozio di elettrodomestici e, soprattutto, proiezionista del teatro di corso XXV Aprile».
Il Sociale, che, da qualche mese, è intitolato a Dario Fo e Franca Rame. Lei era favorevole?
«Molto e non solo per l’importanza artistica della coppia ma anche perché non dimentico di avere visto lì, da bambino, Lo svitato. Per l’anteprima nazionale di quel film, il suo primo da protagonista, Fo scelse proprio Luino. Mio padre mi portò. Credo però di avere visto altrettanti film al Centrale, l’altro cinema poi purtroppo chiuso».
Galeotta fu la scuola. Il Boldi comico nasce alle elementari?
«Si, la maestra forse aveva letto nella sfera di cristallo. Sapeva che mi piaceva raccontare barzellette e ogni tanto mi invitava a dirle in classe. Così ne approfittava per prendersi una pausa sigaretta».
I registi l’hanno piazzata tra i banchi e dietro la cattedra. Le mancano i ruoli da bidello o da preside, quale avrebbe preferito?
«Non avrei sfigurato come risposta nordista al romano Alvaro Vitali. Sarei stato un bidello balabiott. Mi sono però divertito molto a interpretare il prof di Olè e lo studente di Cucciolo, anche se, al contrario di lui, eterno ripetente, a scuola andavo bene. Quando lo dico, la gente pensa che io scherzi ma è la pura, sacrosanta verità».
Il suo maggiore successo al cinema restaNatale sul Nilo?
«Come incassi, più di 28 milioni di euro, sicuramente. Alla vittoria di squadra, capitanata da Neri Parenti, si è aggiunta la personale. Goffredo Fofi scrisse benissimo della mia interpretazione, mi definì “comico puro”. Essere tenuto in tale considerazione da un gigante della critica come lui mi ha inorgoglito. Franca Faldini mi regalò una copia del suo libro su Totò con la dedica “Ora tocca a te”. Meraviglioso. Di grande aiuto quando la maggioranza dei critici demoliva i nostri film. Non sono di quelli che non leggono o dicono di non leggere le recensioni, le ho sempre lette e, se negative, soffrendo di brutto».
Numeri del botteghino a parte, qual è il suo film a lei più caro?
«Sognando la California per nulla caciarone. Ha trama, personaggi ben definiti e, come la migliore commedia all’italiana, è agrodolce».
Il film preferito in assoluto?
«A qualcuno piace caldo di Billy Wilder».
Mai pensato alla regia?
«Ho avuto la fortuna di lavorare con gente brava davvero. Se vedi in azione Carlo Vanzina o Dino Risi, l’ambizione di improvvisarti regista passa di corsa».
E, se non bastasse, lei convive con opere di grandi cineasti. Quante nella sua cineteca?
«Quattrocento pellicole. Sono diventato collezionista per via di Lino Patruno. Spesso, finito lo spettacolo al Derby, si andava da lui. Aveva una sala con un proiettore, mi sono messo nelle condizioni per procurarmelo anch’io».
La più bella attrice?
«È una domanda trabocchetto?»
Per nulla, può tranquillamente nominarne una con cui non ha girato.
«Non avendo mai incontrato Sophia Loren o Brigitte Bardot, la risposta è Cindy Crawford, con me sul set di Body Guards - Le guardie del corpo di Neri Parenti».
Cavernicolo e marziano, guardia e ladro, l’abbiamo vista a spasso nel tempo e tra i mestieri. Chi le manca da interpretare?
«Elon Musk. Sarebbe il personaggio perfetto per il mio ritorno al cinema. Già immagino il titolo, Natale in casa Boldi».
Ed è qui che festeggerà il compleanno?
«No, in una cascina ristorante con una cinquantina di amici. Posso fare un solo nome, Andrea Pellicini, avvocato, ex sindaco di Luino».
Nessuno di Busto Arsizio, la città più nominata nei suoi film?
«Dove ci sono io, c’è anche Lorenzo Colombo. L’è da Busti, creato da me a metà degli anni Ottanta per Yuppies 2 e riapparso più volte, fino a Matrimonio al Sud del 2015».
Il primo regalo di compleanno che ricorda con gioia?
«La batteria, il mio sogno era diventare un drummer. Per un po’ l’ho fatto, anche bene, con mio fratello Fabio nei Mimitoki. Che concerti al Lido di Gavirate e quante sfide, ai tempi del beat, con i varesini Cuccioli. In formazione, con Flavio Premoli, avevano un Giorgetti alla chitarra. Pensavo che il ministro dell’Economia fosse lui ma mi sbagliavo. Peccato però».
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