DIDATTICA A DISTANZA
Gli studenti: «Non vogliamo tornare a scuola»
Allo Stein di Gavirate si pensa controcorrente: questionario fra i ragazzi, il 90% sceglie la Dad
Tutti i ragazzi vogliono tornare presto a scuola, ma non tutti vogliono farlo subito. Fra tanti che protestano contro la didattica a distanza, c’è anche una frangia contraria al rientro immediato: un’ipotesi comunque scongiurata in Lombardia, da oggi nuovamente zona rossa dove sono previste lezioni in presenza solo per le elementari e la prima media, con continuazione della Dad dalla seconda media in su, comprese superiori e università.
Ma anche solo l’ipotesi di superare questi blocchi, imbracciando gli zaini e tornando sui banchi a breve, fa rabbrividire alcuni studenti «capeggiati» da un gruppo dell’Isis Stein di Gavirate. I quali hanno lanciato un questionario tramite i social rivolto a coetanei, genitori e docenti anche extra regione, che sarà poi spedito al presidente Fontana (contattato per ora informalmente via web).
Ebbene, i risultati raccolti dalla prima tornata di risposte non lascerebbero dubbi: su quasi mille partecipanti (990) «il 90,6 per cento è contrario al ritorno ipotizzato il 18 - sottolinea la portavoce Alessia Biganzoli (foto), 18 anni, iscritta alla quinta Turismo -. Tutti vorremmo farlo ma solo alle condizioni adatte, che attualmente non ci sono. Abbiamo voluto il sondaggio per capire che cosa pensassero gli altri ragazzi, visto che i tg continuano a far passare soltanto un’opinione, quella favorevole alla presenza».
Si parte anche da un giudizio più che positivo, in parte controcorrente, sulle lezioni online: «Nel nostro istituto funzionano - ribadisce la studentessa -. Stiamo facendo tantissime cose, non abbiamo un senso di abbandono né buchi formativi, anzi. A volte non abbiamo nemmeno i cinque minuti di pausa fra una lezione e l’altra, perché i nostri insegnanti spiegano, sono presenti: noi seguiamo, studiamo di pomeriggio».
Il sogno di tutti è dimenticare questo brutto periodo, ma almeno secondo questo gruppo corposo non ci sarebbero per ora garanzie sufficienti: «Sui bus saremmo comunque accalcati, perché i trasporti sono rimasti quelli di ottobre - ribadisce Alessia -. In più non tutti i compagni hanno stanze singole e separate, quindi il rischio di infettarsi e portarlo in famiglie dove si vive a stretto contatto è troppo elevato. Chi ha parenti anziani non può stare tranquillo. Non saremmo tutelati: e l’ipotesi di fare nuovamente orari scaglionati non funziona. Noi, per esempio, entreremmo dopo, alle 9.40, uscendo alle 13.50 o alle 14.40: non è possibile mangiare a scuola, quindi torneremmo a casa alle 16 dovendo ancora pranzare, in pratica con meno tempo a disposizione per studiare, fare attività fisica o anche rilassarci».
Dunque al centro ci sono sicurezza, dubbi sulle distanze sui mezzi, fiducia nella Dad, pur nella speranza di poter uscire presto.
«Lo pensiamo doppiamente ora che siamo tornati in zona rossa, questo significa che la situazione è molto grave - conclude la giovane portavoce -. Non capisco perché dovrebbero essere proprio gli studenti a creare altri pericoli e favorire la diffusione dei contagi».
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