FUGA DALL’INFERNO
Bimbi malati in salvo, il Del Ponte ne curerà due
Regione e Areu hanno messo in moto la macchina degli aiuti dopo la segnalazione su Prealpina della dg Kateryna Savinova. Due piccoli provenienti dall’ospedale di Borjarka verranno curati al Del Ponte

La situazione è precipitata da un giorno all’altro. «Sono vicini, sempre più vicini», ha detto ieri al telefono Kateryna Savinova, direttore generale dell’ospedale pediatrico di Bojarka, a trenta chilometri da Kiev. Si riferisce alle esplosioni che sente nitidamente e con maggiore frequenza rispetto a pochi giorni fa. Ma soprattutto si riferisce ai soldati russi che «da un momento all’altro» potrebbero entrare in questa città di 35mila abitanti, come se fosse il loro palesamento e non le bombe la dimostrazione “fisica” di questa guerra, di questa morsa inesorabile che accerchia vittime di ogni età lasciandole senza via d’uscita. Lunedì la dottoressa Savinova ha capito che non poteva più aspettare. Lei, 56 anni, neurologa, abituata a lavorare in emergenza perché «i nostri ospedali non sono come i vostri», ha cercato una strada sicura per salvare i pochi bambini – i più gravi - rimasti nel suo ospedale. Così ha telefonato di prima mattina ai volontari della onlus Apri.A. di Albizzate, con i quali è in contatto da diciassette anni: «Ci sono cinque bambini che hanno bisogno di cure che noi non possiamo più garantire, aiutatemi a portarli in un ospedale italiano», ha chiesto.
LA SOLIDARIETA’
Da quel momento la solidarietà ha preso le sembianze di un gigantesco puzzle, i cui tasselli sono stati aggiunti ora dopo ora fino a comporre un percorso con partenza da Bojarka e arrivo a Varese: da metà della prossima settimana due piccoli ucraini, un maschietto di un anno e una bambina di quasi 8, verranno ricoverati all’ospedale Del Ponte. Al sicuro. Dalla guerra e dalla malattia. Una staffetta della Fondazione Soleterre trasporterà i pazienti e le loro mamme in Polonia, dove verranno presi in carico dalla Croce Rossa Internazionale e quindi imbarcati a Rzeswóv su un volo gestito dall’Agenzia Regionale Emergenza Urgenza (Areu) diretto a Linate. «Li stiamo aspettando: per noi medici è arrivato il momento di dare il massimo», sottolinea il professor Massimo Agosti, che dirige il Dipartimento della Donna e del Bambino dell’Asst Sette Laghi: «Una settimana fa abbiamo dato la nostra massima disponibilità ad accogliere i primi bambini ucraini e così faremo con quelli che arriveranno da Bojarka. Facciamo parte di un network nazionale di reparti di Pediatria e metteremo a frutto le nostre competenze ogni volta che sarà necessario».
LA SEGNALAZIONE E I CONTATTI
Per arrivare a questo risultato non è bastato uno schiocco di dita, anche se dalla segnalazione di Prealpina a Regione Lombardia sono passate poche ore affinché all’appello fosse dato un riscontro concreto. Lo staff del presidente della Commissione Sanità, il varesino Emanuele Monti, ha preso contatto con la dottoressa Savinova, imparando ben presto a dialogare con lei ricorrendo all’alfabeto cirillico ucraino: «Abbiamo scoperto su Google che potevamo fare una perfetta traduzione dall’italiano e così abbiamo cominciato a parlarci su Whatsapp», racconta Monti, abituato a interloquire con i direttori generali delle Azienda sanitarie lombarde ma al quale mai era capitato con la dg di un ospedale pediatrico che ha la guerra alle porte: «La situazione di questo medico è veramente difficile, si è ritrovata in pochi giorni a dovere evacuare un ospedale regionale da 340 posti letto mantenendo in reparto solo 28 bambini in condizioni più gravi. Ci siamo mossi subito».
LE STORIE
D’altronde, una frase contenuta nell’email spedita lunedì sera a Palazzo Lombardia non lasciava spazio agli indugi: «Vorrei portare i bambini fuori in tempo per salvargli la vita», aveva scritto Kateryna Savinova, elencando le storie cliniche di ciascuno di loro. Eccole: sei neonati in Rianimazione neonatale e Neonatologia, due bambini in Chirurgia («Una ragazzina è rimasta ferita, l’auto è stata colpita da arma da fuoco, la madre è morta, il padre è in gravi condizioni in un altro ospedale», si legge nell’email), diciannove in Pediatria («Sette pazienti palliativi»), uno nel reparto di Malattie infettive. Fra questi diciotto piccoli pazienti senza genitori, ossia i bimbi provenienti dal vicino orfanotrofio, anche con gravi disabilità, e quelli abbandonati subito dopo la nascita.
IL TRASFERIMENTO IN POLONIA
Vista la gravità della situazione, per guadagnare tempo visto l’avanzata delle truppe russe, la squadra lombarda di emergenza e urgenza ha preso in carico anche il trasferimento in Polonia di una decina di bambini, i cui genitori hanno preferito non andare troppo lontano per farli curare. «Quattro neonati restano qui, perché sono stati abbandonati e non hanno i documenti per l’espatrio. Un altro piccolo gruppo di pazienti è stato dimesso. Dei più gravi ne restavano cinque ma tre famiglie non hanno voluto assolutamente lasciare l’Ucraina», ha spiegato ieri la dottoressa Savinova a Prealpina, «nonostante io abbia insistito affinché accettassero di andare in Italia, per il bene di questi bambini. Non hanno voluto sentire ragioni. Secondo me hanno sbagliato, anche se io li capisco, avevano paura di andare così tanto lontano».
“L’OSPEDALE NON PUO’ CHIUDERE”
Forse cambieranno idea ma non è come dirlo. Forse bisognerebbe mettersi nei panni degli altri quando si parla genericamente, astrattamente, di “profughi”. Una cosa è certa: la direttrice generale Savinova resta dov’è. «L’ospedale non può chiudere». E quando le chiediamo se teme che il suo ospedale venga devastato come quello di Mariupol, con le madri incinte in fuga e le incubatrici sommerse dalle macerie, risponde senza esitazione. Con un monosillabo: «Sì». Proprio da Mariupol nei giorni scorsi è giunto un bambino diabetico: i suoi genitori hanno fatto tappa all’ospedale di Bojarka affinché fosse sottoposto alle cure più urgenti per poi varcare il confine polacco. «La Polonia viene vista dai genitori come una destinazione più sicura di qui», spiega il medico: «Ora non c’è un’azione militare diretta nella nostra zona ma la situazione può cambiare da un momento all’altro. Sento le esplosioni a 15 chilometri di distanza, si avvicinano sempre di più. È ora che decidano qualcosa (le parti in causa, ndr). Impossibile andare avanti così». Anche perché in ospedale ci sono riserve di cibo per (appena) due settimane e scarseggiano materiali sanitari di uso comune, come garze, siringhe, soluzioni per le flebo e anche «pezzi metallici» - la dg li chiama così - per gli interventi chirurgici.
Vite sconvolte, frammenti di speranza, un futuro inimmaginabile: sono i capitoli di questa storia nata per caso, con il passaparola, che malgrado già tante traversie è ancora tutta da scrivere. «Stiamo definendo gli ultimi dettagli per il trasferimento», spiega Monti, «questa è solo la prima fase, ma è importante che si sia aperto un dialogo, un ponte, con l’ospedale di Bojarka. Quando bambini e mamme saranno arrivati a Varese partiremo con la seconda fase, la cura e l’accoglienza. I volontari dell’associazione Varese per l’Oncologia non ci hanno pensato un secondo prima di dare la loro disponibilità».
LA GRATITUDINE
Alla fine della telefonata con Prealpina, la direttrice generale Kateryna Savinova non riesce a trattenere la commozione: «Vi siamo immensamente grati per la vostra disponibilità ad aiutarci in un momento difficile per l’Ucraina». Lo aveva scritto anche sulla lettera ufficiale, con in testa il simbolo del Tridente, spedita ieri l’altro al direttore generale dell’Areu Lombardia, Alberto Zoli. Due colleghi operativi su due diversi fronti dell’emergenza: si sono capiti al volo.
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