L’ANALISI
La passione di Bambi per il Chiara del futuro
Cosa resta e cosa sarà del premio varesino
Una collaborazione durata trent’anni con Bambi Lazzati e il Premio Chiara rende forte la tentazione di abbandonarsi ai ricordi e alle tante iniziative che si è contribuito a realizzare insieme a Bambi e a Romano Oldrini. L’umanità e la passione per la sua impresa culturale restano, nel cuore di tutti coloro che l’hanno conosciuta, come un tratto distintivo indimenticabile di Bambi, ciò che l’ha resa una vera Signora della cultura a Varese, come difficilmente avremo la fortuna di conoscerne altre in un città sempre più spenta da un punto di vista culturale.
L’instancabile attività
Ma si deve andare oltre l’unanime cordoglio e la sincera amarezza dell’ultimo addio. Un contributo così importante alla vita culturale di Varese e non solo come quello della Lazzati merita alcune considerazioni su ciò che Bambi ci ha lasciato, l’eredità, ciò che, con la sua instancabile attività, ci ha insegnato. Se non fossimo capaci di fare ciò, in termini di una riflessione più generale sulla cultura a Varese, saremmo ingiusti nei confronti di una donna che ha tenuto fede, nella sua vita, ad alcuni valori che dovrebbero restano validi e importanti per tutti.
La continuità assicurata
Bambi sarà sempre ricordata per il Premio Chiara (con il Premio Chiara): legame indissolubile, simbiosi che tutti ci illudevamo che non potesse aver mai fine. Anno dopo anno, cartellone dopo cartellone, evento dopo evento, il Premio Chiara è andato avanti, attraversando stagioni difficili e maggioranze politiche diverse, consapevole del proprio valore e della propria unicità. Ma dobbiamo essere consapevoli che il Premio Chiara c’è ancora oggi, con tante iniziative che, invece, sono scomparse negli anni, alcune lentamente, altre con velocità di meteora. Bambi è riuscita a smentire una dura verità: Varese è una città che ha prodotto tanta cultura, spesso anche di qualità, ma ha sempre incontrato difficoltà a garantire continuità e futuro a ciò ha creato, finendo per inseguire, con scarsa lungimiranza, proposte-spot e piccoli eventi.
Le mareggiate e gli assalti
Ricordiamo vicende come quelle di Amor di libro, Nature Urbane, il Premio Morselli (solo per evocare alcune proposte di respiro)? Varese è stata incapace di mantenere ciò che aveva di bello, di rinnovarlo, di svilupparlo: lo ha semplicemente cancellato. Non è riuscita insomma a dare continuità a ciò che poteva diventare brand, tradizione, importante fattore culturale attrattivo, come in molte altre città lombarde e italiane. Un paradosso, se consideriamo la quantità di associazioni culturali, il numero di originali protagonisti della vita culturale, la presenza, in provincia, di ben due prestigiose università. Tutto questo non vale per il Premio Chiara, che ha resistito alle mareggiate del piccolo cabotaggio e agli assalti dei nani dell’entertainment da un giorno o un mese.
Il motore del cambiamento
Ma per andare avanti, per non morire – è il caso di ricordare - c’è poi una regola aurea: innovare, migliorare, non cedere mai all’abitudine. Si possono fare errori, imboccare vicoli ciechi, a volte rinunciare a qualche progetto. Ma il cambiamento resta un motore continuo e sistematico in cultura. Un fronte su cui l’attivismo di Bambi è stato notoriamente inarrestabile. C’era in lei un’amabile, indimenticabile, piccola dose di anarchia creativa. Con il suo carattere esuberante riusciva a superare difficoltà e guardare al futuro, nonostante il confronto sconfortante con il disinteresse dei politici, i tagli di bilancio, gli sponsor aleatori, e prime donne della cultura.
Il serbatoio di talenti
Cambiare è stata una costante del Premio Chiara: per questo il festival e il premio sono ancora tra noi. Una novità è stato il Festival del Racconto, ma nel contempo si è interrotto il premio, con la preziosa collaborazione del Tenco, “Le parole della musica”, evento miracoloso che ha portato per anni a Varese big dello spettacolo (da Ligabue alla Nannini, da Paolo Conte a Francesco Guccini). Pressante l’invito di Bambi alle giurie per valorizzare i giovani autori del Canton Ticino, pur avendo dovuto cancellare la bella collana sugli artisti iniziata con Gottardo Ortelli; cambiamenti e novità nelle giurie, turn over dei giurati e coinvolgimento dell’importante realtà dei gruppi di lettura delle biblioteche. Passione assoluta, di Bambi, verso il Premio Chiara Giovani, sempre seguito con l’affetto della vecchia insegnante e sempre rilanciato come serbatoio di nuovi talenti.
La cultura pericolosa
È pericolosa la cultura, questo Bambi lo sapeva bene. Non arricchisce economicamente, spesso fa diventare facili bersagli dell’invidiosa comunità degli addetti ai lavori. Richiede tenacia e disinteresse, passione e il coraggio di lanciarsi nel vuoto. Ma la cultura costituisce il cuore pulsante di una città, di un territorio, di un Paese. Come sarebbe più triste la nostra vita senza di essa. E dunque ora Bambi, se stesse leggendo queste considerazioni, domanderebbe, con un po’ di ansia, quale sarà il futuro della sua bella creatura, il Premio Chiara. Certamente ci sono in campo alcuni amici che stanno cercando di proseguire il cammino e che devono guardarsi da alcuni rischi, inevitabili senza la vigile e vulcanica presenza di Bambi. C’è sempre il pericolo di amministrazioni che, con l’intenzione di contribuire al premio, finiscano per burocratizzarlo, legandogli mani e piedi.
L’impegno e il rilancio
Un’iniziativa come il Chiara ha poi bisogno di impegno, passione, ma soprattutto di essere rinnovato, rilanciato, capace di stare al passo con i tempi: necessario quindi anche un cambio generazionale, auspicabile che sia un team di giovani, creativi e appassionati, a portarlo avanti. Vogliamo poi un Chiara capace di essere marchio del territorio, brand riconoscibile, festival con i piedi a Varese e lo sguardo al futuro? Allora si deve concentrare in questa eccellenza culturale tempo e soprattutto risorse, che sono sempre scarse e non vanno disperse. Scelta di coraggio, capace di scontentare tanti, ma nello stesso tempo superare, una volta per tutte, antichi vizi e vecchie abitudini. È possibile? Forse sì. A condizione di metterci tutti al lavoro perché accada, da subito, senza calcoli personali, con senso della comunità e dei suoi interessi, ma senza più considerare il Chiara un evento tra i tanti e come tanti.
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