TRIBUNALE DI VARESE
Malnate, botte alla moglie: «Pensava solo a pulire»
Ex marito condannato per percosse: 30 giorni di permanenza domiciliare e non potrà uscire per 15 week-end
«Mi sembri una polacca». Il riferimento è alla nazionalità di molte colf straniere che hanno trovato lavoro in Italia. L’ex marito, accusato di essere manesco, si rivolgeva così alla moglie che «pensava solo a pulire». Ex moglie, per la precisione, che lo ha denunciato per il suo vizio di alzare le mani e la voce, con parole tutt’altro che di stima: «Sei una femmina di m...».
MALTRATTAMENTI E LESIONI
L’uomo, un 43enne che lavora come operatore sociosanitario, è stato processato per i reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali ai danni della donna da cui oggi è separato. Un comportamento vessatorio, «con aggressioni verbali e fisiche, anche quando lei era incinta di due mesi» (per usare le parole del pm Giulia Grillo) che sarebbe andato avanti per quasi tutta la durata del matrimonio, dal 2004 al 2020, persino davanti ai figli minorenni della coppia, di origini campane.
LA CONDANNA
Da qui l’aggravante che ha fatto finire il procedimento davanti al collegio del Tribunale. Che però, alla fine, ha riqualificato il reato principale in percosse - non riconoscendo, probabilmente, la continuità delle condotte aggressive (ma per le motivazioni bisognerà aspettare tre mesi) - e lo ha condannato a trenta giorni di permanenza domiciliare: l’imputato non potrà uscire di casa per quindici fine settimana. Dovrà inoltre risarcire con 500 euro uno dei figli (costituitosi parte civile con l’avvocato Irene Visconti, che aveva chiesto un indennizzo di trentamila euro ciascuno per i due figli minori di 18 anni). «Era una brava mamma, una donna di casa, ma dedicava poco tempo a noi, anche solo per una passeggiata o per andare al parco con i bambini. Stava sempre a casa a pulire, puliva dalla mattina alla sera».
LA VERSIONE DELL’IMPUTATO
E gli episodi di violenza sulla donna («Che lei per anni non ha denunciato, per il bene della famiglia e dei figli», ha detto il pm)? «Ha mentito», è la versione dell’imputato, che ha ammesso solo uno degli episodi contestati, quello del settembre 2020, con tanto di referto dell’ospedale, quando lui la picchiò al termine di una festa: «Ero ubriaco, ho sbagliato e chiedo scusa, non era mai successo prima. C’erano dei dissidi, ma senza esagerazioni». Liti legate, a suo dire, al fatto che lei si lasciava andare a «scenate davanti ai miei amici, mi faceva fare figure di m...», e ai soldi: «In casa entrava solo il mio stipendio, mentre lei mi ha tenuto nascosto persino di aver ricevuto 200.000 euro dalla madre».
TESTIMONI E DIFESA
«Si parla tanto di femminicidio, ma non è il mio caso: sono una brava persona», ha precisato il 43enne. Per il quale l’accusa aveva chiesto la condanna a 4 anni di reclusione: «Era consapevole di imporre queste condizioni di vita alla moglie, che doveva solo accompagnarlo e non metterlo in imbarazzo di fronte agli amici». Comportamenti confermati dai testimoni, giudicati credibili dalla Procura ma non dalla difesa: per l’avvocato Antonio Lonardo, del Foro di Benevento, le testimonianze dei famigliari di lei - che non avevano mai digerito quella gravidanza prima del matrimonio, tanto disonorevole per la loro cultura - avevano uno scopo «vendicativo».
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