TRAGEDIA MOTTARONE
Funivia, Perocchio contro Tadini: non sapevo nulla
Il direttore di esercizio: «Non salirei mai su una funivia con ganasce». E il suo difensore chiede la libertà. Nerini: la sicurezza non è affare dell'esercente
«Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini». Lo ha detto al gip del tribunale di Verbania il direttore di esercizio della funivia del Mottarone, Enrico Perocchio, secondo quanto riferito dal suo legale, l’avvocato Andrea Da Prato.
«Non sapevo dell’uso dei forchettoni, non ne ero consapevole», avrebbe aggiunto durante l’interrogatorio in carcere con il Gip il direttore di esercizio della funivia teatro della tragedia di domenica 23, negando dunque quanto sostenuto da Gabriele Tadini, interrogato in precedenza, e cioè che fosse al corrente dell’uso dei forchettoni per bloccare il freno di emergenza che entrava in funzione a causa delle anomalie dell’impianto.
A Perocchio, ha spiegato il legale, come dipendente Leitner, società addetta alla manutenzione, era stato segnalato «questo problema» al sistema dei freni di emergenza e lui «come Leitner aveva attivato le ditte» per intervenire e risolverlo. L’avvocato Da Prato ha chiarito che l’ingegnere non è un dipendente delle Ferrovie del Mottarone e dunque «non aveva nemmeno motivi economici», come contestato dai pm, per fare in modo che la funivia viaggiasse ugualmente coi freni disattivati.
«E’ incredulo e inebetito», ha concluso il legale parlando del suo assistito, per il quale ha chiesto la libertà. Nel corso dell’interrogatorio, Perocchio ha insistito sul fatto che «non poteva prevedere né sapeva - ha riferito il legale - che qualcuno avesse fatto uso scellerato delle ganasce».
La difesa di Nerini
Terzo ed ultimo ad essere interrogato in carcere dal Gip Donatella Banci Bonamici è stato Luigi Nerini, amministratore delegato della Ferrovie Mottarone. «La sicurezza non è affare dell’esercente», ha detto Neriti, secondo quanto riferito dal suo legale, l’avvocato Pasquale Pantano. «Per legge erano Tadini e Perocchio a doversene occupare», ha aggiunto. Nerini ha spiegato che lui si deve occupare degli "affari della società" e che «non aveva nessun interesse a non riparare la funivia».
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