CADAVERE IN VALIGIA
Il serial killer resta in silenzio
Ieri l’interrogatorio del peruviano estradato dalla Spagna: a processo entro luglio
Si è avvalso della facoltà di non rispondere Teofilo Apolinar Galarza Melendez: ieri mattina, venerdì 16 aprile, difeso dall’avvocato Katia Broggini, il peruviano è comparso davanti al gip Piera Bossi in videoconferenza dal carcere di Velletri, dove è stato trasferito mercoledì dalla Spagna. Dopo undici anni scontati a Malaga per l’omicidio dell’ultima fidanzata, la boliviana Mellby Sejas Panoso, ora dovrà affrontare il processo per quello di Miriam Marilù Flores Gallardo, strangolata il 14 luglio 2006 a Busto Arsizio. La data dell’udienza non è ancora stata fissata, ma non sarà più in là di luglio.
L’ordinanza di custodia cautelare emessa dall’allora gip bustese Alessandro Chionna data proprio luglio, ma del 2010, quando gli inquirenti arrivarono a capo di un giallo che durava da quattro anni, quello della scomparsa della sua fidanzata, ventiquattrenne peruviana di professione badante. Il pubblico ministero Sabrina Ditaranto (oggi magistrato alla Procura dei minori) da tempo aveva indirizzato i sospetti sull’imbianchino sparito nel nulla proprio come la connazionale. I parenti della giovane sapevano che quel venerdì sera lei sarebbe andata a casa sua, in via Lamarmora, «per risolvere alcune questioni» e quello fu l’ultimo contatto che la famiglia ebbe con Miriam.
Per l’uomo venne spiccato un mandato di ricerca internazionale ma solo ad aprile del 2010 il suo nome si illuminò nella banca dati, quando venne arrestato per il delitto commesso a Granada. La procura bustese a maggio volò in Spagna a interrogare il cinquantunenne e lui confessò, indicando anche dove provare a recuperare i resti della ragazza. Erano in una valigia gettata in una camera di scolmamento dell’impianto fognario di Olgiate, i carabinieri li recuperarono il primo giugno del 2010. Nel frattempo gli investigatori acquisirono la testimonianza di un’altra ex di Teofilo, Hilda Marlene Chicaiza Tonato. La donna raccontò di essere stata più volte picchiata da Melendez per motivi di gelosia. Durante una delle tante aggressioni l’imputato cercò di soffocarla serrandole le mani attorno al collo. Hilda Marlene si finse morta e Teofilo se ne andò ignorando che un giorno la ex avrebbe potuto confermare l’inclinazione all’omicidio. La sudamericana ricordò anche un episodio precedente, quando venne salvata dalle botte grazie all’intervento di un amico comune. Teofilo si fece sfilare la vittima dalle mani e sbigottito domandò: «Perché non me la lasci ammazzare?». La definizione di serial killer, attribuita dagli inquirenti, in effetti non stride.
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