IMPATTO ECONOMICO
Quando il lavoro ammala, paga lo Stato: 63 miliardi l’anno
Infortuni, burnout e assenteismo costano al Servizio sanitario nazionale oltre il 3% del Pil. Investire in prevenzione può ridurre la spesa pubblica

Il lavoro incide in modo sempre più diretto sulla spesa sanitaria pubblica. Infortuni, malattie professionali, assenze prolungate e disturbi legati allo stress sono fattori che, sommati, generano un impatto economico considerevole sul Servizio sanitario nazionale. Un impatto spesso invisibile ma quantificabile, che nel 2024 ha superato la soglia di allerta: secondo l’Inail, oltre 511.000 infortuni sono stati denunciati nei primi dieci mesi dell’anno, mentre il numero dei decessi è salito a 1.077, con un incremento preoccupante degli incidenti in itinere.
Il costo sociale degli infortuni e delle malattie professionali è stimato in circa 63 miliardi di euro l’anno, pari a oltre il 3% del Pil. In altre parole, ogni giorno lo Stato spende milioni per gestire le conseguenze sanitarie e previdenziali di ciò che accade – o non accade – nei luoghi di lavoro. Eppure, secondo stime Inail, un investimento sistemico in prevenzione e sicurezza potrebbe ridurre questi costi fino al 18%, con un risparmio annuo di circa 10 miliardi.
Altro fronte critico è quello dell’assenteismo. I dati di Confindustria, aggiornati al 2024, indicano un tasso medio del 6,6%, con punte superiori all’8% nelle professioni più logoranti, in particolare quelle sanitarie e della logistica. Ma non si tratta solo di assenze fisiche: sempre più spesso a pesare è l’impatto psicologico del lavoro. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha riconosciuto il burnout come sindrome professionale, mentre il report dell’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro stima in 136 miliardi di euro annui il costo legato ai disturbi mentali da lavoro in Europa.
Nel 2024, oltre 14 milioni di italiani convivono con almeno una patologia cronica, molte delle quali sono aggravate da fattori occupazionali. È evidente che la salute dei lavoratori non può più essere considerata un capitolo separato dalle politiche sanitarie. Il benessere negli ambienti produttivi – fisico, mentale e organizzativo – deve diventare una leva strutturale per la sostenibilità del Ssn.
Serve una regia nazionale chiara, che coinvolga aziende, sindacati, enti previdenziali e strutture sanitarie. Non è più solo un tema di sicurezza, ma di efficienza del sistema Paese.
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