IL PROCESSO
Varese, anziana milionaria circuita: «Condanne da 2 a 3 anni»
La richiesta del pubblico ministero. Le difese: «Regali per libera scelta»

L’accusa è di aver approfittato fino al 2018 dello stato di infermità di una facoltosa anziana varesina di 78 anni senza parenti stretti - patrimonio stimato di 15 milioni di euro - per farsi intestare le sue proprietà immobiliari (un intero palazzo, oltre ad altri appartamenti e terreni), ma anche per farsi nominare come beneficiari delle polizze vita a lei intestate per un valore complessivo di circa cinque milioni e mezzo di euro. Una presunta circonvenzione di incapace, insomma. E un processo davanti al giudice Rossana Basile che vede sul bando degli imputati nove persone.
L’ora della sentenza è vicina - probabilmente il prossimo 3 maggio - e nel corso dell’ultima udienza sono arrivate le richieste di condanna del pubblico ministero Arianna Cremona: ovvero tre anni di reclusione per l’imputata principale, una bancaria, e pene dai due anni ai due anni e sei mesi per tutte le altre persone coinvolte, che sono il marito della bancaria e le due figlie, un altro funzionario dello stesso istituto, due vicini di casa di El Salvador e due ex dipendenti del padre della donna, che faceva il notaio. Nell’inchiesta era entrato anche un notaio in attività, Pietro Bortoluzzi, che aveva scelto il giudizio abbreviato in sede di udienza preliminare ed era stato condannato dal gup a dieci mesi di reclusione per una polizza vita da 100mila euro, ma è stato poi assolto «per non aver commesso il fatto» in appello.
Tutti i difensori ritengono molto importante quello che la presunta vittima, che ha un amministratore di sostegno e un «disturbo neurocognitivo lieve in personalità schizoide», è venuta a dichiarare in aula un anno fa, pur con qualche «non ricordo». E cioè di avere molto denaro e di averne volontariamente donata una parte (o di averla destinata nel suo testamento) a varie persone per varie ragioni. Senza manifestare, almeno all’apparenza, deficit mentali o di altro genere. L’avvocato della bancaria, primo a discutere nel corso dell’ultima udienza, per questo si è domandato come mai non sia sul banco degli imputati, ad esempio, anche il parroco di Biumo Inferiore, al quale andò una donazione di 20mila euro.
Il sacerdote è stato sentito nel corso del processo come testimone, e ha riferito di non aver mai avuto con la donna conversazioni complesse - pur vedendola tutti i giorni alla messa del mattino - e che nel corso di queste conversazioni non ebbe mai l’impressione che fosse confusa mentalmente, solo «molto riservata». Impressione ribadita da un altro notaio, anche lui testimone: «Era determinata nel disporre di parte del suo patrimonio. E dato che era figlia di un notaio, era in grado di usare termini tecnici e sembrava comprendere benissimo quello che stava facendo».
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