VIOLENZA
«Così ho sconfitto l’incubo»
Il racconto di una donna che dopo anni di maltrattamenti ha trovato la forza di denunciare il marito e di salvarsi
Pensava di vivere in un matrimonio felice, poi sono iniziati i problemi, le offese verbali, gli spintoni, i calci e il ricorso al Pronto soccorso per curare le ferite e le contusioni.
Nonostante tutto, lei gli sarebbe rimasta accanto. Poi, un giorno, quando si è probabilmente arrivati a un passo dalla tragedia, ha detto basta. E, con l’aiuto di una psicologa e del Centro Antiviolenza “Dico Donna” dell’associazione Amico fragile odv, è partito un percorso di recupero e di rinascita.
Quella di Francesca (il nome è di fantasia) è una delle tante storie di donne varesine che hanno subito violenza da chi amavano. Tanti anni di matrimonio, i figli e i pugni. La prima volta in cui il marito è passato alle mani, se la ricorda ancora: «Mi disse “ti spacco una gamba”. Poi in casa iniziarono a volare le sedie. È arrivata la Polizia, gli agenti hanno cercato di farlo ragionare». Sembrava finita lì. Un raptus sporadico. E, invece, le violenze sono aumentate e hanno portato la donna varie volte al Pronto soccorso: «I medici mi suggerivano di denunciare. Io tante volte ho detto di no. Era mio marito. Eravamo sposati da anni. Non era giusto e, nonostante l’accaduto, a miei occhi non ne vedevo la gravità. Inoltre provengo anche da una famiglia per cui il matrimonio è una cosa seria e sacra». Peggio: «Forse era colpa mia, mi ripetevo, perché non riuscivo a comprendere quell’uomo fino in fondo». Una ferita nell’anima che era come sale aggiunto su quelle riportate sul corpo. Fino all’ultima volta: «Ho pensato che mi stesse uccidendo. Mi ha riempita di botte sulla schiena, sulle braccia, in faccia, mi ha spaccato un labbro. A quel punto ho detto basta, mi sono svegliata dal torpore e ho preso il coraggio a due mani».
Ha denunciato. «È come se dal cielo fosse sceso un angelo per salvarmi. Era la dottoressa Giuseppa Vinciguerra, psicologa del Centro Antiviolenza “Dico Donna” di Amico fragile. Lei, con tutti gli altri operatori e l’avvocato Elisabetta Brusa, mi hanno aiutato a reagire e a vedere la realtà delle cose. Lo so: sono stata una paziente difficile, ma alla fine sento che il mio percorso di rinascita è a buon punto».
Fino a quei giorni, «Non pensavo neanche che esistesse un centro contro la violenza sulle donne. E men che meno che sarebbe servito a me. In quegli anni ho perso 15 chilogrammi perché pensavo che la mia vita, senza mio marito, fosse finita. Invece ora sto molto meglio di prima. Al centro mi stanno seguendo in tutte le varie fasi e, ora, probabilmente, siamo arrivati alla fine».
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