SANITA’
Varese, Terziroli: «La mia esperienza al Pronto soccorso»
Il racconto dell'ex assessore ricoverato all'ospedale di Circolo

«Ora sto bene. Ma sono stato all’inferno, poi in paradiso e, infine, sono tornato a casa, dove sono ancora triste pensando a chi soffre e a chi si dispera». Giuseppe Terziroli, ex assessore comunale e per vent’anni amministratore con vari ruoli nella Prima Repubblica e oggi apprezzato uomo di cultura caratterizzato da garbo ed eleganza, descrive così la sua esperienza da malato all’ospedale di Circolo.
Stavolta, infatti, la sua storia non riguarda qualche vicenda storica o artistica varesina, ma ha toccato il profondo: prima del corpo e poi dell’anima. Tutta colpa di una polmonite che, dopo due settimane di tira e molla a casa, con le condizioni di salute che non miglioravano, lo ha spinto a compiere qualche approfondimento. «Sono andato alla Guardia medica di via Monte Rosa. È stato facile prendere l’appuntamento e sono stato visitato da un bravissimo medico che, dopo aver appoggiato lo stetoscopio al torace mi ha detto subito che si trattava di polmonite. Non si capacitava di come potessi reggermi in piedi e mi ha detto di andare subito al Pronto soccorso».
A quel punto inizia una sorta di calvario durato quattro giorni e tre notti che molti varesini, specialmente nella stagione invernale, conoscono sulla loro pelle. Ma tra il sentito dire e il viverlo in prima persona è molto diverso: «Dopo il triage e l’attesa su una sedia di metallo - racconta ancora Terziroli - ho cominciato gli esami. Passano le ore e, di notte, mi spostano su una brandina piccolissima, dove si deve rimanere rannicchiati anche se non sono certo un gigante, ma alto 1.70 metri». A quel punto «parte il “ricovero” in questi stanzoni promiscui». Il ricordo di quei giorni vive a cavallo tra due situazioni: «Da una parte ho assistito a scene pazzesche che non riferisco, con molti pazienti a chiedere, anche a urlare e imprecare delle frasi sconnesse. Ho ancora nella mente i loro occhi pieni disperazione». Dall’altra «il personale del Pronto soccorso che bisogna assolutamente elogiare, perché corre da una parte all’altra, tra persone che invocano, supplicano, sclerano. Sono esposti a un alto rischio emotivo, oltre che a uno stress lavorativo da sovraccarico. Anche per questo non voglio accusare nessuno, ma offrire un racconto e degli spunti per risolvere i problemi».
Poi, dopo mezza settimana «in questo che, col passare delle ore ho sempre più paragonato a un inferno, è arrivato un angelo e sono stato portato nel reparto di Medicina, terzo piano. Non voglio esagerare, ma lì la situazione, paragonata a quella precedente, era da albergo: stanza a due letti con bagno, cibo buono e, anche qui, personale di prima qualità».
Infine la riflessione dell’uomo politico: «Aiutiamo e sosteniamo - conclude Terziroli - chi vuole modificare le cure dell’emergenza. Via le cooperative che pagano per 7/8 ore con 1.500 euro i medici e avanti con le assunzioni dirette dalla Regione e, quindi, promuovo l’iniziativa dell’assessore lombardo Guido Bertolaso. Servirà un impegno anche sui medici di famiglia e sulle liste d’attesa. Infine onore al personale: la loro dedizione è immensa perché ricevono offerte dalla Svizzera per stipendi doppi, ma restano qui per noi».
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