IL VERDETTO
Vittoria degli islamici al Tar
Via libera ai lavori dopo tre «anni di contenzioso. «Ma in via Friuli non costruiremo una moschea»
Che sia moschea o centro culturale c’è tempo per capirlo. Intanto la comunità islamica può fare festa: un contenzioso aperto da 3 anni si è risolto a suo favore. Lo ha stabilito una sentenza del Tar, e già ieri, martedì 18 agosto, i rappresentanti dei fedeli si sono recati in via Friuli insieme all’architetto incaricato dei lavori che in paese tengono banco da 6 anni: «Sono state riconosciute le nostre ragioni senza risarcimento danni da parte del Comune. Non vediamo quale altro motivo ci sarebbe per rimandare ancora», afferma Dildar Hafiz, ex presidente, ora segretario dell’associazione Madni.
Il progetto in questione mira a raddoppiare un immobile di proprietà fino a 80, massimo 100 metri quadrati in un’area di 100 metri quadrati in tutto.
Una scuola di lingua
A sentire gli islamici, in via Friuli sorgerà «un centro culturale in cui insegnare l’urdu, la nostra lingua madre, ai nostri figli».
Lo stesso Hafiz non esclude «momenti di preghiera», ma nega decisamente che tanto basti a parlare di una vera e propria moschea. Eppure, da tempo a Castano non si parla d’altro. Era l’estate del 2014 quando, nel giro di pochi mesi, il Comune accordò e negò il permesso a costruire un centro islamico in via Friuli.
Per quanto si prestasse all’equivoco di finalità “culturali” piuttosto che “cultuali” ossia “di culto”, si cominciò a parlare di moschea. Il progetto prevedeva l’ampliamento di uno stabile a uso residenziale di circa 40 metri quadrati su due piani. L’associazione Madni lo acquistò dopo avere abbandonato l’idea di insediarsi un ex capannone industriale verso Turbigo. Una mobilitazione popolare con raccolta firme promossa dalla Lega fece da sfondo alle mosse del sindaco Giuseppe Pignatiello, appena insediatosi al suo primo mandato, che sconfessò l’operato dell’ufficio tecnico e si rifece all’applicazione di una legge regionale poi destinata a fare molto discutere. «Non siamo pro o contro nessuno. Seguiamo le regole che ci sono e le facciamo rispettare», ripete Pignatiello da quando il principale riferimento per dirimere il contenzioso venne individuato nella Legge regionale 2 del 2015, che integrava in senso più restrittivo una precedente di 10 anni, che già introduceva limitazioni a luoghi di culto acattolico.
Senonché, a partire dall’anno successivo, la Corte Costituzionale avanzò riserve sulla legittimità di una legge che strideva con l’articolo 19 della Costituzione a garanzia della libertà di culto. Il carattere “discriminatorio e in parte incostituzionale” della norma regionale è alla base dell’ultima sentenza, che arriva dopo non pochi colpi di scena.
Gli ultimi sviluppi
Due anni fa, sempre in agosto, sempre il Tar si espresse una prima volta in modo apparentemente a favore al Comune. Benché riconoscesse l’opportunità di applicare una norma regionale che vietava simili insediamenti, l’ultima parola veniva lasciata alla Corte Costituzionale, perché si esprimesse in modo inequivocabile sulla legittimità di quella norma. Cosa che avvenne nel dicembre dello scorso anno, quando la Consulta la decreto incompatibile con la Costituzione e l’abrogò di fatto, non senza le rimostranze di Regione Lombardia e della Lega, che quella legge l’aveva voluta.
Era il maggiore argine al rilascio del permesso a costruire: «Ma non l’unico», rimarca Pignatiello, che non ritiene affatto consequenziale l’inizio dei lavori in via Friuli.
Un contenzioso tra islamici e Comune si è registrato anche a Sesto Calende.
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